Page 108 - Confessioni
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tempo, questo non lo intendo: tu non lo dici. Di un corpo che si muove, misuro col tempo la durata del
movimento, da quando inizia a quando finisce. Se non ho visto quando iniziò, e continua a muoversi di
modo che non vedo quando finisce, mi è impossibile misurarlo, a meno di misurarlo da quando inizio a
quando finisco di vederlo. Vedendolo a lungo, riferisco soltanto che è un tempo lungo, senza riferire
quanto, poiché, per dire anche quanto, facciamo un confronto, ad esempio: “Questo è quanto quello”,
oppure: “Questo è doppio di quello”, e così via. Se invece avremo potuto rilevare nello spazio il punto da
cui è partito e il punto in cui arriva un corpo in movimento, oppure le sue parti, qualora si muova come un
tornio, possiamo dire in quanto tempo si è effettuato il movimento del corpo o di una sua parte da un
punto a un altro. Il movimento del corpo è dunque cosa distinta dalla misura della sua durata. E chi non
capisce ormai a quale delle due nozioni conviene dare il nome di tempo? Infatti, se anche un corpo
alternamente si muove e sta fermo, noi misuriamo col tempo non soltanto il suo movimento, ma anche la
stasi. Diciamo: “Stette fermo tanto, quanto si mosse”, oppure: “Stette fermo due, tre volte più di quanto si
mosse”; oppure indichiamo altri rapporti, misurati con precisione o a stima, più o meno, come si suol dire.
Dunque il tempo non è il movimento dei corpi.
Confessione e invocazione
25. 32. Ti confesso, Signore, d’ignorare tuttora cosa sia il tempo; d’altra parte ti confesso, Signore, di
sapere che pronuncio queste parole nel tempo; che da molto ormai sto parlando del tempo, e che proprio
questo molto non lo è per altro, che per la durata del tempo. Ma come faccio a saperlo, se ignoro cosa sia
il tempo? O chissà, non so esprimere ciò che so? Ahimè, ignoro persino cosa ignoro. Ecco, Dio mio,
davanti a te che non mento: quale la mia parola, tale il mio cuore. Tu, Signore Dio mio, illuminando la
mia lucerna illuminerai le mie tenebre.
Il tempo misurato col tempo
26. 33. Non è veritiera la confessione della mia anima, quando ti confessa che misuro il tempo? Dunque,
Dio mio, io misuro e non so cosa misuro. Misuro il movimento di un corpo per mezzo del tempo, ma non
misuro ugualmente anche il tempo? Potrei misurare il movimento di un corpo, la sua durata, la durata del
suo spostamento da un luogo all’altro, se non misurassi il tempo in cui si muove? Ma questo tempo con
che lo misuro? Si misura un tempo più lungo con un tempo più breve come con la dimensione di un cubito
quella di un trave? Così ci vedono misurare la dimensione di una sillaba lunga con quella di una breve, e
dirla doppia; così misuriamo la dimensione dei poemi con la dimensione dei versi, e la dimensione dei
versi con la dimensione dei piedi, e la dimensione dei piedi con la dimensione delle sillabe, e la
dimensione delle sillabe lunghe con quella delle brevi: non sulle pagine, perché così misuriamo spazi e
non tempi, ma al passaggio delle parole, mentre vengono pronunciate. Diciamo: “È un poema lungo,
infatti si compone di tanti versi; versi lunghi, infatti constano di tanti piedi; piedi lunghi, infatti si
estendono per tante sillabe. E una sillaba lunga, infatti è doppia della breve”. Ma neppure così si definisce
una misura costante di tempo, poiché un verso più breve può essere fatto risuonare, strascicandolo, per
uno spazio di tempo maggiore di uno più lungo, che venga affrettato. La stessa cosa può avvenire di un
poema, e di un piede, e di una sillaba. Ne ho tratto l’opinione che il tempo non sia se non un’estensione.
Di che? Lo ignoro. Però sarebbe sorprendente, se non fosse un’estensione dello spirito stesso. Perché,
cosa misuro, di grazia, Dio mio, quando affermo o imprecisamente: “Questo tempo è più lungo di quello”,
o anche precisamente: “È doppio di quello”? Misuro il tempo, lo so; ma non misuro il futuro, perché non è
ancora; né misuro il presente, perché non ha estensione alcuna; né misuro il passato, perché non è più.
Cosa misuro dunque? Forse i tempi al loro passaggio, non passati? È quanto dissi.
Difficoltà nella misurazione del tempo
27. 34. Insisti, spirito mio, e fissa intensamente il tuo sguardo. Dio è il nostro aiuto, egli ci fece, e non noi.
Fissa il tuo sguardo dove albeggia la verità. Ecco, immagina che una voce, corporea, cominci a risuonare,
risuona, risuona ancora, ed ecco cessa, è già tornato il silenzio, la voce è passata, non c’è più voce ormai.
Era futura, prima di risuonare, e non si poteva misurarla, perché non era ancora, come non si può ora,
perché non è più. Si poteva misurarla quando risuonava, perché allora era, in modo che si poteva
misurare. Ma anche allora non era ferma, perché andava, passava. O proprio per questo invece si poteva?
Passando, infatti, si estendeva per un certo spazio di tempo, durante il quale si poteva misurarla, poiché il
presente non ha nessuna estensione. Ammesso dunque che in quel frangente poteva essere misurata, eccoti
Agostino – Confessioni pag. 106 di 134