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Libro dodicesimo
MEDITAZIONE SUL PRIMO VERSETTO DELLA GENESI: “...il cielo e la terra”
Materia e Spirito
Difficoltà e conforto
1. 1. Quante cose vorrebbe sapere il mio cuore colpito, Signore, nella grande povertà della mia vita, dalle
parole della tua santa Scrittura! In genere l’esiguità della comprensione umana abbonda in parole, poiché
la ricerca è più loquace del ritrovamento, la domanda più lunga del conseguimento, e la mano più
impegnata a bussare che a prendere. Ma noi abbiamo la tua promessa, e chi potrà infirmarla? - se Dio è
per noi, chi contro di noi? -: Domandate e riceverete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto;
perché chiunque domanda riceve, e chi cerca troverà, e a chi bussa sarà aperto. Sono tue promesse.
Come temere inganni, quando promette la Verità?
Il cielo del cielo
2. 2. Alla tua altezza la bassezza della mia lingua confessa che tu hai creato il cielo e la terra, questo cielo
che scorgo e la terra che calpesto, da cui anche viene questa terra che mi porto addosso; tu li hai creati.
Ma dov’è, Signore, il cielo del cielo di cui ci ha parlato il salmista: “Il cielo del cielo al Signore; la terra
invece fu da lui data ai figli degli uomini”? Dov’è il cielo che non vediamo, rispetto al quale tutto ciò che
vediamo è terra? Così l’intera massa della materia, che non è dovunque per intero, assunse anche nelle sue
ultimissime parti, il cui fondo è costituito dalla nostra terra, un aspetto attraente; ma di fronte a quel cielo
del cielo, lo stesso cielo della nostra terra è terra. Questi due grandi corpi non a sproposito si
chiamerebbero terra entrambi rispetto a quel cielo, non so quale, che appartiene al Signore, non ai figli
degli uomini.
Terra, tenebre e abisso raffigurazione della materia informe
3. 3. La nostra terra era invisibile e confusa, un profondo e impenetrabile abisso su cui non vi era luce,
poiché non aveva nessun aspetto. Perciò hai fatto scrivere: “Le tenebre regnavano sopra l’abisso”, cioè
null’altro che assenza di luce. Se ci fosse stata la luce, ove poteva essere, se non sopra, spiccando, perché
schiariva? Là dunque, ove non era ancora la luce, la presenza delle tenebre cos’era, se non l’assenza della
luce? Perciò sopra regnavano le tenebre, perché vi era assente la luce, così come dove non c’è il suono,
c’è il silenzio, e l’esistenza in quel punto del silenzio indica l’inesistenza in quel punto del suono. Non hai
insegnato tu, Signore, a quest’anima che ti confessa, non hai insegnato tu, Signore, a me, come, prima che
questa materia informe ricevesse da te una forma ordinata, nulla esisteva, né colore né figura, né corpo né
spirito? Un nulla, però, non assoluto, bensì un’entità informe, priva di qualunque aspetto.
Un’espressione di comodo
4. 4. Come designarla, come introdurne in qualche modo la nozione anche nelle menti più tarde, se non
mediante qualche vocabolo d’uso corrente? Ora, cosa si può trovare in tutte le parti dell’universo, che più
della terra e dell’abisso si avvicini a un’assoluta mancanza di forma? Terra e abisso, posti all’infimo
gradino del creato, sono meno attraenti degli elementi superiori, limpidissimi e luminosi tutti quanti.
Perché dunque non dovrei ammettere che la materia informe, creata da te senza un aspetto per crearne
l’aspetto attraente dell’universo, fu per comodità indicata agli uomini come terra invisibile e confusa?
Imbarazzo del pensiero
5. 5. Quando il pensiero ricerca cosa afferri, qui, la nostra mente, e dice a se stesso: “Questa non è una
forma intelligibile, quale la vita o la giustizia, essendo materia di corpi; neppure una forma sensibile, non
essendovi nulla che si possa vedere e sentire nell’invisibile e nel confuso”; mentre il pensiero umano si
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