Page 112 - Confessioni
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dice queste parole, tenta di conoscerla ignorandola, o d’ignorarla conoscendola?.
Evoluzione del concetto di materia in Agostino
6. 6. Io, Signore, se devo confessarti con la mia bocca e la mia penna tutti gli insegnamenti che a
proposito di questa materia ho ricevuto da te, dirò che dapprima ne udivo il nome senza capire; d’altronde
anche chi me ne parlava non capiva. Perciò la immaginavo con innumerevoli aspetti diversi, e dunque non
la pensavo. Passavano nella mia mente forme sgradevoli e orrende in ordine confuso, ma pur sempre
forme, e chiamavo informi cose non già prive di forma, ma dotate di una forma tale da ripugnare,
presentandosi, ai miei sensi per la sua inusitata irrazionalità, e da sconcertare la mia umana debolezza;
però le immagini della mia mente erano informi non per la mancanza di qualsiasi forma, bensì per il
confronto con altre di forma migliore. La vera ragione mi avvertiva che, volendo concepire un ente del
tutto informe, avrei dovuto svestirlo per intero di qualsiasi residuo formale; il che non potevo fare. Mi era
più facile credere inesistente una cosa priva di qualsiasi forma, che pensare una cosa a mezzo tra la forma
e il nulla, non forma e non nulla, un informe quasi nulla. Da quel momento la mia intelligenza cessò
d’interpellare la mia fantasia popolata da immagini di forme corporee, che mutava e variava a suo piacere.
Fissai invece la mia attenzione direttamente sui corpi, scrutai più a fondo la loro instabilità, per la quale
finiscono di essere ciò che erano, e cominciano a essere ciò che non erano; e supposi che quel passaggio
stesso da una forma all’altra avvenisse attraverso un’entità informe, non un nulla assoluto. Ma io
desideravo sapere, non supporre; e se ora la mia voce, la mia penna ti confessasse tutte le spiegazioni che
ebbi da te in questa ricerca, chi fra i miei lettori resisterebbe fino a capire? Non per ciò, tuttavia, desisterà
il mio cuore dal renderti onore e dal cantare le tue lodi per le spiegazioni ricevute, sebbene sia incapace di
esporle. È insomma la stessa mutevolezza degli enti mutevoli ad ammettere tutte le forme in cui gli enti
mutevoli si mutano. Ma essa, cos’è? Spirito forse? o forse corpo? o una parvenza di spirito? o di corpo?
Se si potesse parlare di un nulla esistente o di un essere inesistente, così ne parlerei. Eppure doveva
esistere in qualche modo, per assumere gli aspetti visibili e complessi del mondo.
La provenienza della materia
7. 7. E qual era in ogni modo la sua provenienza, se non proveniva da te, donde tutte le cose provengono
in quanto sono? ma tanto più lontane da te, quanto meno ti assomigliano, non trattandosi qui di spazi.
Dunque sei tu, Signore, non soggetto a mutamento continuo, ma stabile nel tuo essere, nel tuo essere, nel
tuo essere, santo, santo, santo Signore, Dio onnipotente, tu, che nel principio originato da te, nella tua
Sapienza nata dalla tua sostanza, hai creato qualcosa, e dal nulla. Hai creato il cielo e la terra, ma non
traendoli dalla tua sostanza, poiché in tal caso sarebbero stati cosa uguale al tuo unigenito, quindi a te: e
non era assolutamente giusto che fosse uguale a te una cosa non uscita da te. D’altra parte fuori di te non
esisteva nulla, da cui potessi trarre le cose, o Dio, Trinità una e Unità trina. Perciò creasti dal nulla il cielo
e la terra, gran cosa la prima, piccola la seconda. Tu sei onnipotente e buono, per fare tutto buono, il
grande cielo come la piccola terra. C’eri tu e null’altro. Da questo nulla creasti il cielo e la terra, due
creature, di cui l’una prossima a te, l’altra prossima al nulla; l’una che sopra di sé ha te solo, l’altra che
sotto di sé ha il nulla.
Dal nulla la materia informe, dalla materia informe il mondo
8. 8. Ma il cielo del cielo appartiene a te, Signore; e la terra, che desti ai figli degli uomini perché la
vedessero e toccassero, non era quale ora la vediamo e tocchiamo. Era invisibile e confusa, un abisso, su
cui non splendeva luce; ovverosia le tenebre regnavano sopra l’abisso, erano cioè maggiori che
nell’abisso. L’abisso odierno, delle acque ormai visibili, anche nelle sue voragini possiede una sua
parvenza di luce, percepibile comunque dai pesci e dagli animali che strisciano nel suo fondo. L’altro
invece era, tutto insieme, quasi nulla, perché era ancora assolutamente informe; però era tale da poter
assumere una forma. Tu, Signore, traesti il mondo da una materia informe, un quasi nulla da te tratto dal
nulla per trarne le grandi cose che noi, figli degli uomini, miriamo. Quale non è davvero la meraviglia di
questo cielo corporeo, ossia del firmamento, che creasti fra acqua e acqua il secondo giorno, dopo creata
la luce, dicendo: “Sia fatto”, e così fu fatto! A questo firmamento desti nome di cielo, ma è il cielo di
questa terra e del mare, da te creato il terzo giorno attribuendo un aspetto visibile alla materia informe
creata prima che esistesse qualsiasi giorno. Avevi creato anche un cielo prima che esistesse qualsiasi
giorno, ma il cielo di questo cielo, perché in principio avevi creato il cielo e la terra. Quanto alla terra da
Agostino – Confessioni pag. 110 di 134