Page 74 - Confessioni
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quando aveva sedici anni. Di molte altre sue doti, ancora più straordinarie, ho avuto la prova. La sua
intelligenza m’ispirava un sacro terrore; ma chi, al di fuori di te, poteva essere l’artefice di tali meraviglie?
Presto hai sottratto la sua vita alla terra, e il mio ricordo di lui è tanto più franco, in quanto non ho più
nulla da temere per la sua fanciullezza, per l’adolescenza e l’intera sua vita. Ce lo associammo, dunque,
come nostro coetaneo nella tua grazia, da educare nella tua disciplina. E fummo battezzati, e si dileguò da
noi l’inquietudine della vita passata. In quei giorni non mi saziavo di considerare con mirabile dolcezza i
tuoi profondi disegni sulla salute del genere umano. Quante lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi
inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti
fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità, eccitandovi un caldo sentimento di pietà.
Le lacrime che scorrevano mi facevano bene.
Canto degli inni in chiesa
7. 15. Non da molto tempo la Chiesa milanese aveva introdotto questa pratica consolante e incoraggiante,
di cantare affratellati, all’unisono delle voci e dei cuori, con grande fervore. Era passato un anno esatto, o
non molto più, da quando Giustina, madre del giovane imperatore Valentiniano, aveva cominciato a
perseguitare il tuo campione Ambrogio, istigata dall’eresia in cui l’avevano sedotta gli ariani. Vigilava la
folla dei fedeli ogni notte in chiesa, pronta a morire con il suo vescovo, il tuo servo. Là mia madre, ancella
tua, che per il suo zelo era in prima fila nelle veglie, viveva di preghiere. Noi stessi, sebbene freddi ancora
del calore del tuo spirito, ci sentivamo tuttavia eccitati dall’ansia attonita della città. Fu allora, che
s’incominciò a cantare inni e salmi secondo l’uso delle regioni orientali, per evitare che il popolo
deperisse nella noia e nella mestizia, innovazione che fu conservata da allora a tutt’oggi e imitata da molti,
anzi ormai da quasi tutti i greggi dei tuoi fedeli nelle altre parti dell’orbe.
Rinvenimento e traslazione dei corpi dei martiri Protasio e Gervasio
7. 16. In quei giorni una tua rivelazione al tuo vescovo citato poc’anzi gli aveva indicato il luogo dove
giacevano sepolti i corpi dei martiri Protasio e Gervasio. Per tanti anni li avevi serbati intatti nel tesoro del
tuo segreto, per estrarli al momento opportuno e domare la rabbia di una donna, regale però. Portati alla
luce ed esumati, durante il solenne trasporto alla basilica ambrosiana non solo si produssero guarigioni,
riconosciute dagli stessi demòni, di persone tormentate dagli spiriti immondi; ma un cittadino notissimo in
città, cieco da molti anni, a quell’agitazione festosa del popolo, chiesta e saputa la causa, balzò in piedi e
si fece guidare dalla sua guida sul posto. Là giunto, ottenne di entrare e toccare col fazzoletto la bara ove
giacevano, morti di morte preziosa ai tuoi occhi, i tuoi santi. Appena compiuto quel gesto e accostato il
panno agli occhi, questi si aprirono istantaneamente. La notizia si divulgò, salirono a te lodi fervide,
fulgide, e l’animo della tua nemica, se non si volse alla salvezza della fede, soffocò per lo meno la sua
folle brama di persecuzione. Grazie a te, Dio mio! Da dove e dove guidasti il mio ricordo, affinché ti
lodassi anche per questi avvenimenti, che, sebbene notevoli, avevo smemoratamente trascurato? Eppure
allora, benché tanto alitasse il profumo dei tuoi unguenti, non correvamo dietro a te. Di qui il
moltiplicarsi delle mie lacrime durante il canto dei tuoi inni. Un tempo avevo sospirato verso di te;
finalmente respiravo la poca aria che circola in una capanna d’erba.
A Ostia, durante il ritorno in Africa
Educazione di Monica
8. 17. Tu, che fai abitare in una casa i cuori unanimi, associasti alla nostra comitiva anche Evodio, un
giovane nativo del nostro stesso municipio. Agente nell’amministrazione imperiale, si era rivolto a te
prima di noi, aveva ricevuto il battesimo e quindi abbandonato il servizio del secolo per porsi al tuo.
Stavamo sempre insieme e avevamo fatto il santo proposito di abitare insieme anche per l’avvenire. In
cerca anzi di un luogo ove meglio operare servendoti, prendemmo congiuntamente la via del ritorno verso
l’Africa. Senonché presso Ostia Tiberina mia madre morì. Tralascio molti avvenimenti per la molta fretta
che mi pervade. Accogli la mia confessione e i miei ringraziamenti, Dio mio, per innumerevoli fatti, che
pure taccio. Ma non tralascerò i pensieri che partorisce la mia anima al ricordo di quella tua serva, che mi
partorì con la carne a questa vita temporale e col cuore alla vita eterna. Non discorrerò per questo di doni
suoi, ma di doni tuoi a lei, che non si era fatta da sé sola, né da sé sola educata. Tu la creasti senza che
neppure il padre e la madre sapessero quale figlia avrebbero avuto; e l’ammaestrò nel tuo timore la verga
del tuo Cristo, ossia la disciplina del tuo Unigenito, in una casa di credenti, membro sano della tua Chiesa.
Agostino – Confessioni pag. 72 di 134