Page 71 - Confessioni
P. 71
contrariato la necessità, in cui presto mi sarei trovato, di deporre il fardello dell’insegnamento, o quanto
meno, se era possibile una cura e la guarigione, di lasciarlo per qualche tempo. Ma quando si sviluppò e
consolidò in me la piena volontà di attendere liberamente a considerare che tu sei il Signore, allora, ti è
noto, Dio mio, divenne addirittura una gioia per me l’intervento di una scusa non falsa, capace di mitigare
il malumore di chi a vantaggio dei propri figli voleva togliere per sempre a me il vantaggio della libertà.
Pervaso da questa gioia, sopportai con pazienza il tempo che ci separava dalle vacanze, una ventina di
giorni al più; una pazienza che tuttavia mi costava fatica, perché si era dileguata la cupidigia che di solito
mi aiutava a sostenere il peso gravoso della scuola. Ne sarei anzi rimasto schiacciato, se non fosse
succeduta la tolleranza. Forse qualcuno dei tuoi servi, miei fratelli, dirà che in ciò peccai, tollerando di
rimanere sia pure una sola ora di più seduto sulla cattedra della menzogna, quando già il cuore traboccava
del desiderio di servirti. Io non discuto, ma tu, Signore misericordiosissimo, non mi hai perdonato e
rimesso nell’acqua santa anche questo peccato insieme agli altri miei funesti orrori?
Inquietudine di Verecondo
3. 5. La nostra fortuna consumava d’inquietudine Verecondo. Egli vedeva come, a causa dei vincoli
tenacissimi che lo trattenevano, sarebbe rimasto escluso dalla nostra società. Non ancora cristiano, aveva
una moglie credente, ma proprio costei era una catena al piede, che più di ogni altra lo ritardava fuori dal
cammino che avevamo intrapreso. Poi diceva di voler rinunziare a farsi cristiano, se non poteva esserlo
nel modo appunto che gli era precluso. Però si offrì molto generosamente di ospitarci per tutto il tempo
che saremmo rimasti colà. Lo ricompenserai, Signore, con usura alla resurrezione dei giusti, come già lo
ricompensasti concedendogli il loro stesso capitale. Noi, trasferiti ormai a Roma, eravamo assenti quando,
assalito nel corpo da una malattia, si fece cristiano e fedele, quindi migrò da questa vita. Fu da parte tua
un atto di misericordia non soltanto nei suoi riguardi, ma anche nei nostri, poiché sarebbe stato un
tormento intollerabile ripensare all’insigne generosità dell’amico verso di noi senza poterlo annoverare nel
tuo gregge. Grazie a te, Dio nostro! Noi siamo tuoi, lo attestano le tue esortazioni e poi le tue
consolazioni, perché, fedele alle promesse, tu rendi a Verecondo, in cambio della sua campagna di
Cassiciaco, ove riposammo in te dalla bufera del secolo, l’amenità del tuo giardino dall’eterna primavera.
Sì, gli hai rimesso i peccati sulla terra, ponendolo sul monte pingue di cacio, il tuo monte, monte ubertoso.
Conversione di Nebridio
3. 6. Egli era dunque angosciato in quei giorni; Nebridio invece condivideva la nostra esultanza. Era
caduto anch’egli, non ancora cristiano, nella fossa di quel funestissimo errore, che gli faceva credere vuota
apparenza la carne vera del tuo Figlio ; tuttavia già ne emergeva e si trovava a questo punto, che, sebbene
non ancora iniziato a nessuno dei sacri misteri della tua Chiesa, ricercava però la verità con grandissimo
ardore. Non molto tempo dopo la nostra conversione e rigenerazione mediante il tuo battesimo divenne
anch’egli fedele cattolico, e mentre ti serviva in Africa tra i suoi familiari, che aveva tutti convertito alla
fede cristiana, in una castità e continenza perfette, lo liberasti dalla carne. Ora vive nel grembo di Abramo.
Là, qualunque sia il significato di questo “grembo”, il mio Nebridio vive, il dolce amico mio, ma tuo,
Signore, figlio adottivo e già liberto. Là vive: e che altro luogo sarebbe adatto a quell’anima? Vive nel
luogo di cui spesso chiedeva a me, omuncolo inesperto. Non avvicina ora più l’orecchio alla mia bocca,
ma la sua bocca spirituale alla tua fonte, ove attinge la sapienza quanto può e vuole, infinitamente beato.
Non credo però che tanto se ne inebri, da scordarsi di me, poiché tu, Signore, da cui attinge, di noi ti
sovvieni. Questa era dunque la nostra condizione: da un lato consolavamo Verecondo, rattristato, senza
danno per l’amicizia, di quella nostra conversione, esortandolo all’osservanza fedele dei doveri del suo
stato, ossia della vita coniugale; dall’altro aspettavamo Nebridio, quando ci avrebbe seguito. Vicino
com’era, poteva farlo ed era già lì lì per farlo, quand’ecco finalmente trascorsi quei giorni, che mi rendeva
così lunghi e numerosi l’amore della libertà quieta, in cui avrei cantato da ogni mia fibra: “ll mio cuore ti
disse: “Ho cercato il tuo volto; il tuo volto, Signore, ricercherò””.
Attività letteraria a Cassiciaco
4. 7. E venne il giorno della liberazione anche materiale dalla professione di retore, da cui ero
spiritualmente già libero. Così fu: sottraesti la mia lingua da un’attività, cui avevi già sottratto il mio
cuore. Partito per la campagna con tutti i miei familiari, ti benedicevo gioioso. L’attività letteraria da me
esplicata laggiù interamente al tuo servizio, benché sbuffante ancora, come nelle pause della lotta, di
Agostino – Confessioni pag. 69 di 134