Page 77 - Confessioni
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10. 24. Condotto il discorso a questa conclusione: che di fronte alla giocondità di quella vita il piacere dei
sensi fisici, per quanto grande e nella più grande luce corporea, non ne sostiene il paragone, anzi neppure
la menzione; elevandoci con più ardente impeto d’amore verso l’Essere stesso, percorremmo su su tutte le
cose corporee e il cielo medesimo, onde il sole e la luna e le stelle brillano sulla terra. E ancora
ascendendo in noi stessi con la considerazione, l’esaltazione, l’ammirazione delle tue opere, giungemmo
alle nostre anime e anch’esse superammo per attingere la plaga dell’abbondanza inesauribile, ove pasci
Israele in eterno col pascolo della verità, ove la vita è la Sapienza, per cui si fanno tutte le cose presenti e
che furono e che saranno, mentre essa non si fa, ma tale è oggi quale fu e quale sempre sarà; o meglio,
l’essere passato e l’essere futuro non sono in lei, ma solo l’essere, in quanto eterna, poiché l’essere passato
e l’essere futuro non è l’eterno. E mentre ne parlavamo e anelavamo verso di lei, la cogliemmo un poco
con lo slancio totale della mente, e sospirando vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito, per
ridiscendere al suono vuoto delle nostre bocche, ove la parola ha principio e fine. E cos’è simile alla tua
Parola, il nostro Signore, stabile in se stesso senza vecchiaia e rinnovatore di ogni cosa?
10. 25. Si diceva dunque: “Se per un uomo tacesse il tumulto della carne, tacessero le immagini della
terra, dell’acqua e dell’aria, tacessero i cieli, e l’anima stessa si tacesse e superasse non pensandosi, e
tacessero i sogni e le rivelazioni della fantasia, ogni lingua e ogni segno e tutto ciò che nasce per sparire se
per un uomo tacesse completamente, sì, perché, chi le ascolta, tutte le cose dicono: “Non ci siamo fatte da
noi, ma ci fece Chi permane eternamente”; se, ciò detto, ormai ammutolissero, per aver levato l’orecchio
verso il loro Creatore, e solo questi parlasse, non più con la bocca delle cose, ma con la sua bocca, e noi
non udissimo più la sua parola attraverso lingua di carne o voce d’angelo o fragore di nube o enigma di
parabola, ma lui direttamente, da noi amato in queste cose, lui direttamente udissimo senza queste cose,
come or ora protesi con un pensiero fulmineo cogliemmo l’eterna Sapienza stabile sopra ogni cosa, e tale
condizione si prolungasse, e le altre visioni, di qualità grandemente inferiore, scomparissero, e quest’unica
nel contemplarla ci rapisse e assorbisse e immergesse in gioie interiori, e dunque la vita eterna somigliasse
a quel momento d’intuizione che ci fece sospirare: non sarebbe questo l’”entra nel gaudio del tuo
Signore”? E quando si realizzerà? Non forse il giorno in cui tutti risorgiamo, ma non tutti saremo
mutati?”.
10. 26. Così dicevo, sebbene in modo e parole diverse. Fu comunque, Signore, tu sai, il giorno in cui
avvenne questa conversazione, e questo mondo con tutte le sue attrattive si svilì ai nostri occhi nel parlare,
che mia madre disse: “Figlio mio, per quanto mi riguarda, questa vita ormai non ha più nessuna attrattiva
per me. Cosa faccio ancora qui e perché sono qui, lo ignoro. Le mie speranze sulla terra sono ormai
esaurite. Una sola cosa c’era, che mi faceva desiderare di rimanere quaggiù ancora per un poco: il vederti
cristiano cattolico prima di morire. Il mio Dio mi ha soddisfatta ampiamente, poiché ti vedo addirittura
disprezzare la felicità terrena per servire lui. Cosa faccio qui?”.
Malattia e morte di Monica
11. 27. Cosa le risposi, non ricordo bene. Ma intanto, entro cinque giorni o non molto più, si mise a letto
febbricitante e nel corso della malattia un giorno cadde in deliquio e perdette la conoscenza per qualche
tempo. Noi accorremmo, ma in breve riprese i sensi, ci guardò, mio fratello e me, che le stavamo accanto
in piedi, e ci domandò, quasi cercando qualcosa: “Dov’ero?”; poi, vedendo il nostro afflitto stupore:
“Seppellirete qui, soggiunse, vostra madre”. Io rimasi muto, frenando le lacrime; mio fratello invece
pronunziò qualche parola, esprimendo l’augurio che la morte non la cogliesse in terra straniera, ma in
patria, che sarebbe stata migliore fortuna. All’udirlo, col volto divenuto ansioso gli lanciò un’occhiata
severa per quei suoi pensieri, poi, fissando lo sguardo su di me, esclamò: “Vedi cosa dice”, e subito dopo,
rivolgendosi a entrambi: “Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi
prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all’altare del Signore”. Espressa così come poteva a
parole la sua volontà, tacque. Il male aggravandosi la faceva soffrire.
11. 28. Io, al pensiero dei doni che spargi, Dio invisibile, nei cuori dei tuoi fedeli, e che vi fanno nascere
stupende messi, gioivo e a te rendevo grazie, ricordando ciò che sapevo, ossia quanto si era sempre
preoccupata e affannata per la sua sepoltura, che aveva provvista e preparata accanto al corpo del marito.
La grande concordia in cui erano vissuti le faceva desiderare, tanto l’animo umano stenta a comprendere
le realtà divine, anche quest’altra felicità, e che la gente ricordasse come dopo un soggiorno di là dal mare
avesse ottenuto che una polvere congiunta coprisse la polvere di entrambi i congiunti. Quando però la
piena della tua bontà avesse eliminato dal suo cuore questi pensieri futili, io non sapevo; ma ero pervaso
di gioia e ammirazione che mia madre mi fosse apparsa così. Invero anche durante la nostra conversazione
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