Page 64 - Confessioni
P. 64
mancava. Nebridio perciò non vi fu attratto dalla brama dei vantaggi, che, se soltanto voleva, poteva
ricavare più abbondanti dalla sua cultura letteraria, bensì, da amico soavissimo e arrendevolissimo qual
era, per obbligazione di affetto non volle respingere la nostra richiesta. Disimpegnò l’incarico evitando
con molta saggezza di farsi notare dai grandi di questo mondo, così scansando ogni inquietudine interiore
che poteva venirgli da quella parte. Voleva conservare lo spirito libero da occupazioni quante più ore
poteva, per attendere a qualche ricerca, fare qualche lettura o sentir parlare della sapienza.
La meravigliosa vita di Antonio nel racconto di Ponticiano
6. 14. Un certo giorno ecco viene a trovarci, Alipio e me, né ricordo per quale motivo era assente
Nebridio, un certo Ponticiano, nostro compatriota in quanto africano, che ricopriva una carica cospicua a
palazzo. Ignoro cosa volesse da noi. Ci sedemmo per conversare e casualmente notò sopra un tavolo da
gioco che ci stava davanti un libro. Lo prese, l’aprì e con sua grande meraviglia vi trovò le lettere
dell’apostolo Paolo, mentre aveva immaginato fosse una delle opere che mi consumavo a spiegare in
scuola. Allora mi guardò sorridendo e si congratulò con me, dicendosi sorpreso di aver improvvisamente
scoperto davanti ai miei occhi quel testo e quello solo. Dirò che era cristiano e battezzato; spesso si
prosternava in chiesa davanti a te, Dio nostro, pregandoti con insistenza e a lungo. Io gli spiegai che
riservavo la massima attenzione a quegli scritti, e così si avviò il discorso. Ci raccontò la storia di
Antonio, un monaco egiziano, il cui nome brillava in chiara luce fra i tuoi servi, mentre per noi fino ad
allora era oscuro. Quando se ne avvide, si dilungò nel racconto, istruendoci sopra un personaggio tanto
ragguardevole a noi ignoto e manifestando la sua meraviglia, appunto, per la nostra ignoranza. Anche noi
eravamo stupefatti all’udire le tue meraviglie potentemente attestate in epoca così recente, quasi ai nostri
giorni, e operate nella vera fede della Chiesa cattolica. Tutti eravamo meravigliati: noi, per quanto erano
grandi, lui per non essere giunte al nostro orecchio.
Un’avventura di Ponticiano e tre suoi amici
6. 15. Di qui il suo discorso si spostò sulle greggi dei monaci, sulla loro vita, che t’invia soavi profumi, e
sulla solitudine feconda dell’eremo, di cui noi nulla conoscevamo. A Milano stessa fuori dalle mura della
città esisteva un monastero popolato da buoni fratelli con la pastura di Ambrogio senza che noi lo
sapessimo. Ponticiano infervorandosi continuò a parlare per un pezzo, e noi ad ascoltarlo in fervido
silenzio. Così venne a dire che un giorno, non so quando ma certamente a Treviri, mentre l’imperatore era
trattenuto dallo spettacolo pomeridiano nel circo, egli era uscito a passeggiare con tre suoi camerati nei
giardini contigui alle mura della città. Lì, mentre camminavano accoppiati a caso, lui con uno degli amici
per proprio conto e gli altri due ugualmente per proprio conto, si persero di vista. Ma questi ultimi,
vagando, entrarono in una capanna abitata da alcuni tuoi servitori poveri di spirito, di quelli cui
appartiene il regno dei cieli, e vi trovarono un libro ov’era scritta la vita di Antonio. Uno dei due
cominciò a leggerla e ne restò ammirato, infuocato. Durante la lettura si formò in lui il pensiero di
abbracciare quella vita e abbandonare il servizio del secolo per votarsi al tuo. Erano in verità di quei
funzionari, che chiamano agenti amministrativi. Improvvisamente pervaso di amore santo e di onesta
vergogna, adirato contro se stesso, guardò fisso l’amico e gli chiese: “Dimmi, di grazia, quale risultato ci
ripromettiamo da tutti i sacrifici che stiamo compiendo? Cosa cerchiamo, a quale scopo prestiamo
servizio? Potremo sperare di più, a palazzo, dal rango di amici dell’imperatore? E anche una simile
condizione non è del tutto instabile e irta di pericoli? E quanti pericoli non bisogna attraversare per
giungere a un pericolo maggiore? E quando avverrà che ci arriviamo? Invece amico di Dio, se voglio,
ecco, lo divento subito “. Parlava e nel delirio del parto di una nuova vita tornò con gli occhi sulle pagine.
A mano a mano che leggeva un mutamento avveniva nel suo intimo, ove tu vedevi, e la sua mente si
svestiva del mondo, come presto apparve. Nel leggere, in quel rimescolarsi dei flutti del suo cuore, a un
tratto ebbe un fremito, riconobbe la soluzione migliore e risolse per quella. Ormai tuo, disse all’amico
suo: “Io ormai ho rotto con quelle nostre ambizioni. Ho deciso di servire Dio, e questo da quest’ora.
Comincerò in questo luogo. Se a te rincresce d’imitarmi, tralascia d’ostacolarmi”. L’altro rispose che lo
seguiva per condividere con lui l’alta ricompensa di così alto servizio. Ormai tuoi entrambi, cominciavano
la costruzione della torre, pagando il prezzo adeguato, e cioè l’abbandono di tutti i propri beni per essere
tuoi seguaci. In quella Ponticiano e l’amico che con lui passeggiava in altre parti del giardino, mentre li
cercavano giunsero là essi pure, li trovarono e li esortarono a rientrare, visto che il giorno era ormai
calato. Ma i due palesarono la decisione presa e il proposito fatto, nonché il modo com’era sorta e si era
radicata in loro quella volontà. Conclusero pregando di non molestarli, qualora rifiutassero di unirsi a
Agostino – Confessioni pag. 62 di 134