Page 56 - Confessioni
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Bontà ed esistenza delle cose
12. 18. Mi si rivelò anche nettamente la bontà delle cose corruttibili, che non potrebbero corrompersi né
se fossero beni sommi, né se non fossero beni. Essendo beni sommi, sarebbero incorruttibili; essendo
nessun bene, non avrebbero nulla in se stesse di corruttibile. La corruzione è infatti un danno, ma non vi è
danno senza una diminuzione di bene. Dunque o la corruzione non è danno, il che non può essere, o,
com’è invece certissimo, tutte le cose che si corrompono subiscono una privazione di bene. Private però
di tutto il bene non esisteranno del tutto. Infatti, se sussisteranno senza potersi più corrompere, saranno
migliori di prima, permanendo senza corruzione; ma può esservi asserzione più mostruosa di questa, che
una cosa è divenuta migliore dopo la perdita di tutto il bene? Dunque, private di tutto il bene, non
esisteranno del tutto; dunque, finché sono, sono bene. Dunque tutto ciò che esiste è bene, e il male, di cui
cercavo l’origine, non è una sostanza, perché, se fosse tale, sarebbe bene: infatti o sarebbe una sostanza
incorruttibile, e allora sarebbe inevitabilmente un grande bene; o una sostanza corruttibile, ma questa non
potrebbe corrompersi senza essere buona. Così vidi, così mi si rivelò chiaramente che tu hai fatto tutte le
cose buone e non esiste nessuna sostanza che non sia stata fatta da te; e poiché non hai fatto tutte le cose
uguali, tutte esistono in quanto buone ciascuna per sé e assai buone tutte insieme, avendo il nostro Dio
fatto tutte le cose buone assai.
L’armonia dell’universo
13. 19. In te il male non esiste affatto, e non solo in te, ma neppure in tutto il tuo creato, fuori del quale
non esiste nulla che possa irrompere e corrompere l’ordine che vi hai imposto. Tra le parti poi del creato,
alcune ve ne sono, che, per non essere in accordo con alcune altre, sono giudicate cattive, mentre con altre
si accordano, e perciò sono buone, e buone sono in se stesse. Tutte queste parti, che non si accordano fra
loro, si accordano poi con la porzione inferiore dell’universo, che chiamiamo terra, la quale è provvista di
un suo cielo percorso da nubi e venti, ad essa conveniente. Lontano d’ora in poi da me l’augurio: “Oh, se
tali cose non esistessero!”. Quand’anche vedessi soltanto tali cose, potrei certo desiderarne di migliori, ma
non più mancare di lodarti anche soltanto per queste. Che ti si debba lodare, lo mostrano infatti sulla terra
i draghi e tutti gli abissi, il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio, il soffio della tempesta, esecutori della
tua parola, i monti e tutti i colli, gli alberi da frutto e tutti i cedri, le bestie e tutti gli armenti, i rettili e i
volatili pennuti; i re della terra e tutti i popoli, i principi e tutti i giudici della terra, i giovani e le
fanciulle, gli anziani con gli adolescenti lodino il tuo nome. Ma, poiché anche dai cieli salgono verso di te
le lodi, ti lodino, Dio nostro, nell’alto tutti gli angeli tuoi; tutte le potenze tue, il sole e la luna, tutte le
stelle e la luce, i cieli dei cieli e le acque che stanno sopra i cieli, lodino il tuo nome. Ormai non
desideravo di meglio: tutte le cose abbracciavo col mio pensiero, e se le creature superiori sono meglio di
quelle inferiori, tutte insieme sono però meglio delle prime sole. Con più sano giudizio davo questa
valutazione.
L’insano dualismo manicheo
14. 20. Non c’è sanità di giudizio in coloro che non gradiscono qualche cosa del tuo creato, come non ce
n’era in me quando non gradivo molte delle cose da te create. E poiché la mia anima non osava non
gradire il mio Dio, si rifiutava di riconoscere come opera tua tutto ciò che non gradiva. Di qui era giunta
alla concezione delle due sostanze, senza trovarsi soddisfatta e usando un linguaggio non suo; poi aveva
abbandonato quell’idea per costruirsi un dio esteso dovunque negli spazi infiniti, che aveva immaginato
fossi tu e aveva collocato nel proprio cuore, ricostituendosi tempio del proprio idolo, abominevole ai tuoi
occhi. Quando però a mia insaputa prendesti il mio capo fra le tue braccia e chiudesti i miei occhi per
togliere loro la vista delle cose vane, mi ritrassi un poco da me, la mia follia si assopì. Mi risvegliai in te e
ti vidi, infinito ma diversamente, visione non prodotta dalla carne.
Esistenza e verità
15. 21. Rivolto poi lo sguardo alle altre cose, vidi che devono a te l’esistenza e sono in te tutte finite, ma
diversamente da come si è in un luogo: cioè in quanto tu tieni tutto con la tua mano, la verità, e tutto è
vero in quanto è, nulla falso se non ciò che si crede essere mentre non è. Vidi pure che ogni cosa si
accorda non soltanto col proprio luogo, ma anche col proprio tempo, e che tu, unico essere eterno, non sei
passato all’azione dopo estensioni incalcolabili di tempo. Tutte le estensioni del tempo, passate come
Agostino – Confessioni pag. 54 di 134