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Bontà ed esistenza delle cose
                  12. 18. Mi si rivelò anche nettamente la bontà delle cose corruttibili, che non potrebbero corrompersi né
                  se  fossero  beni  sommi,  né  se  non  fossero  beni.  Essendo  beni  sommi,  sarebbero  incorruttibili;  essendo
                  nessun bene, non avrebbero nulla in se stesse di corruttibile. La corruzione è infatti un danno, ma non vi è
                  danno senza una diminuzione di bene. Dunque o la corruzione non è danno, il che non può essere, o,
                  com’è invece certissimo, tutte le cose che si corrompono subiscono una privazione di bene. Private però
                  di tutto il bene non esisteranno del tutto. Infatti, se sussisteranno senza potersi più corrompere, saranno
                  migliori di prima, permanendo senza corruzione; ma può esservi asserzione più mostruosa di questa, che
                  una  cosa  è  divenuta  migliore  dopo  la  perdita  di  tutto  il  bene?  Dunque,  private  di  tutto  il  bene,  non
                  esisteranno del tutto; dunque, finché sono, sono bene. Dunque tutto ciò che esiste è bene, e il male, di cui
                  cercavo l’origine, non è una sostanza, perché, se fosse tale, sarebbe bene: infatti o sarebbe una sostanza
                  incorruttibile, e allora sarebbe inevitabilmente un grande bene; o una sostanza corruttibile, ma questa non
                  potrebbe corrompersi senza essere buona. Così vidi, così mi si rivelò chiaramente che tu hai fatto tutte le
                  cose buone e non esiste nessuna sostanza che non sia stata fatta da te; e poiché non hai fatto tutte le cose
                  uguali, tutte esistono in quanto buone ciascuna per sé e assai buone tutte insieme, avendo il nostro Dio
                  fatto tutte le cose buone assai.


                  L’armonia dell’universo

                  13. 19. In te il male non esiste affatto, e non solo in te, ma neppure in tutto il tuo creato, fuori del quale
                  non esiste nulla che possa irrompere e corrompere l’ordine che vi hai imposto. Tra le parti poi del creato,
                  alcune ve ne sono, che, per non essere in accordo con alcune altre, sono giudicate cattive, mentre con altre
                  si accordano, e perciò sono buone, e buone sono in se stesse. Tutte queste parti, che non si accordano fra
                  loro, si accordano poi con la porzione inferiore dell’universo, che chiamiamo terra, la quale è provvista di
                  un suo cielo percorso da nubi e venti, ad essa conveniente. Lontano d’ora in poi da me l’augurio: “Oh, se
                  tali cose non esistessero!”. Quand’anche vedessi soltanto tali cose, potrei certo desiderarne di migliori, ma
                  non più mancare di lodarti anche soltanto per queste. Che ti si debba lodare, lo mostrano infatti sulla terra
                  i draghi e tutti gli abissi, il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio, il soffio della tempesta, esecutori della
                  tua parola, i monti e tutti i colli, gli alberi da frutto e tutti i cedri, le bestie e tutti gli armenti, i rettili e i
                  volatili  pennuti;  i  re  della  terra  e  tutti  i  popoli,  i  principi  e  tutti  i  giudici  della  terra,  i  giovani  e  le
                  fanciulle, gli anziani con gli adolescenti lodino il tuo nome. Ma, poiché anche dai cieli salgono verso di te
                  le lodi, ti lodino, Dio nostro, nell’alto tutti gli angeli tuoi; tutte le potenze tue, il sole e la luna, tutte le
                  stelle  e  la  luce,  i  cieli  dei  cieli  e  le  acque  che  stanno  sopra  i  cieli,  lodino  il  tuo  nome.  Ormai  non
                  desideravo di meglio: tutte le cose abbracciavo col mio pensiero, e se le creature superiori sono meglio di
                  quelle  inferiori,  tutte  insieme  sono  però  meglio  delle  prime  sole.  Con  più  sano  giudizio  davo  questa
                  valutazione.


                  L’insano dualismo manicheo

                  14. 20. Non c’è sanità di giudizio in coloro che non gradiscono qualche cosa del tuo creato, come non ce
                  n’era  in  me  quando  non  gradivo  molte  delle  cose da te create. E poiché la mia anima non osava non
                  gradire il mio Dio, si rifiutava di riconoscere come opera tua tutto ciò che non gradiva. Di qui era giunta
                  alla concezione delle due sostanze, senza trovarsi soddisfatta e usando un linguaggio non suo; poi aveva
                  abbandonato quell’idea per costruirsi un dio esteso dovunque negli spazi infiniti, che aveva immaginato
                  fossi tu e aveva collocato nel proprio cuore, ricostituendosi tempio del proprio idolo, abominevole ai tuoi
                  occhi. Quando però a mia insaputa prendesti il mio capo fra le tue braccia e chiudesti  i miei occhi per
                  togliere loro la vista delle cose vane, mi ritrassi un poco da me, la mia follia si assopì. Mi risvegliai in te e
                  ti vidi, infinito ma diversamente, visione non prodotta dalla carne.


                  Esistenza e verità

                  15. 21. Rivolto poi lo sguardo alle altre cose, vidi che devono a te l’esistenza e sono in te tutte finite, ma
                  diversamente da come si è in un luogo: cioè in quanto tu tieni tutto con la tua mano, la verità, e tutto è
                  vero  in  quanto  è,  nulla  falso  se  non ciò che si crede essere mentre non è. Vidi pure che ogni cosa si
                  accorda non soltanto col proprio luogo, ma anche col proprio tempo, e che tu, unico essere eterno, non sei
                  passato  all’azione  dopo  estensioni  incalcolabili  di  tempo.  Tutte  le  estensioni  del  tempo,  passate  come




                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 54 di 134
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