Page 52 - Confessioni
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non in quanto tu lo conosci. Ma perché una dimostrazione così estesa dell’incorruttibilità della sostanza
                  divina, quando questa non sarebbe tale, se fosse corruttibile?


                  L’esistenza del male e la bontà di Dio

                  5. 7. Cercavo l’origine del male cercando male e non vedendo il male nella mia stessa ricerca. Davanti
                  agli occhi del mio spirito ponevo l’intero creato, tutto ciò che ne possiamo scorgere, ossia la terra, il mare,
                  l’aria,  gli  astri,  gli  alberi,  gli  animali  mortali,  e  tutto  ciò  che  ci  rimane  invisibile,  ossia  il  firmamento
                  celeste  sopra  di  noi,  tutti  gli  angeli  e  tutti  gli  spiriti  che  lo  abitano,  spiriti  che  la  mia  immaginazione
                  distribuiva pure in vari luoghi, quasi fossero corpi; così feci del tuo creato un’unica massa enorme, ove
                  spiccavano secondo il loro genere i corpi, sia veri e reali, sia spirituali, resi arbitrariamente corporei dalla
                  mia  immaginazione,  e  feci  enorme  questa  massa,  non  quanto  era  effettivamente,  perché  non  potevo
                  concepirlo, ma quanto mi piacque immaginare, però finita in tutte le direzioni, avvolta e penetrata da ogni
                  parte da te, Signore, che pure rimanevi in tutti i sensi infinito, come un mare che si stenda dovunque e da
                  dovunque per spazi immensi infinito, un unico mare che contenga nel suo interno una spugna grande a
                  piacere, però finita e ripiena evidentemente in ogni sua parte del mare immenso. Così concepivo la tua
                  creazione,  finita  e  ripiena  di te infinito. Dicevo: “Ecco Dio, ed ecco le creature di Dio. Dio è buono,
                  potentissimamente e larghissimamente superiore ad esse. Ma in quanto buono creò cose buone e così le
                  avvolge e riempie. Allora dov’è il male, da dove e per dove è penetrato qui dentro? Qual è la sua radice,
                  quale il suo seme? O forse non esiste affatto? Perché allora temere ed evitare una cosa inesistente? Se lo
                  temiamo senza ragione, è certamente male il nostro stesso timore, che punge e tormenta invano il nostro
                  cuore, e un male tanto più grave, in quanto non c’è nulla da temere, eppure noi temiamo. Quindi o esiste
                  un male oggetto del nostro timore, o il male è il nostro stesso timore. Ma da dove proviene il male, se Dio
                  ha fatto, lui buono, buone tutte queste cose? Certamente egli è un bene più grande, il sommo bene, e meno
                  buone sono le cose che fece; tuttavia e creatore e creature tutto è bene. Da dove viene dunque il male?
                  Forse da dove le fece, perché nella materia c’era del male, e Dio nel darle una forma, un ordine, vi lasciò
                  qualche  parte  che  non  mutò  in  bene?  Ma  anche  questo,  perché?  Era  forse  impotente  l’onnipotente  a
                  convertirla e trasformarla tutta, in modo che non vi rimanesse nulla di male? Infine, perché volle trarne
                  qualcosa e non impiegò piuttosto la sua onnipotenza per annientarla del tutto? O forse la materia poteva
                  esistere contro il suo volere? O, se la materia era eterna, perché la lasciò sussistere in questo stato così a
                  lungo, attraverso gli spazi su su infiniti dei tempi, e dopo tanto decise di trarne qualcosa? O ancora, se gli
                  venne  un  desiderio  improvviso  di  agire,  perché  con  la  sua  onnipotenza  non  agì  piuttosto  nel  senso  di
                  annientare la materia e rimanere lui solo, bene integralmente vero, sommo, infinito? O, se non era ben
                  fatto  che  chi  era  buono  non  edificasse,  anche,  qualcosa  di  buono,  non  avrebbe  dovuto  eliminare  e
                  annientare la materia cattiva, per istituirne da capo una buona, da cui trarre ogni cosa? Quale onnipotenza
                  infatti era la sua, se non poteva creare alcun bene senza l’aiuto di una materia non creata da lui?”. Questi
                  pensieri rimescolavo nel mio povero cuore gravido di assilli pungentissimi, frutto del timore della morte e
                  della mancata scoperta della verità. Rimaneva tuttavia saldamente radicata nel mio cuore la fede nella
                  Chiesa cattolica del Cristo tuo, signore e salvatore nostro. Certo una fede ancora rozza in molti punti e
                  fluttuante oltre il limite della giusta dottrina; però il mio spirito non l’abbandonava, anzi se ne imbeveva
                  ogni giorno di più.


                  Confutazione dell’astrologia

                  6. 8. Ormai avevo anche ripudiato le predizioni fallaci e i deliri empi degli astrologhi: un altro motivo per
                  cui ti confessino dalle intime fibre del mio cuore gli atti della tua commiserazione, Dio mio. Tu infatti, e
                  tu solo, perché chi altro ci sottrae alla morte di ogni errore, se non la vita immortale, la sapienza che
                  illumina le menti bisognose senza aver bisogno di lumi, e che amministra il mondo fino alle labili foglie
                  degli alberi? tu provvedesti alla mia ostinazione, con cui mi opposi a Vindiciano, sagace vecchio, e a
                  Nebridio, giovane d’anima mirabile: al primo, che affermava vibratamente, al secondo, che ripeteva, sia
                  pure con qualche incertezza, però frequentemente, che non esiste arte di prevedere il futuro, bensì è il
                  caso, che viene spesso in soccorso alle congetture dell’uomo: tra le molte cose che si dicono, se ne dicono
                  parecchie che poi si avverano, senza che chi le dice ne abbia coscienza, bensì le indovina soltanto perché
                  non  tace;  tu  dunque  mi  provvedesti  un  amico  solerte  nel  consultare  gli  astrologhi,  poco  esperto  nella
                  letteratura  relativa,  ma,  come  dissi,  ricercatore  avido  di  responsi.  Eppure  era  al  corrente  di  un  fatto
                  narratogli, diceva, da suo padre, del cui valore per sovvertire ogni fiducia nell’astrologia non si rendeva
                  conto. Il nome del mio amico era Firmino. Educato da uomo libero, forbito nel parlare, mi consultò, come





                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 50 di 134
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