Page 41 - Confessioni
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Libro sesto
A TRENT’ANNI
Primi passi verso la fede
Monica a Milano
1. 1. O speranza mia fin dalla mia giovinezza, dov’eri per me, dove ti eri ritratto? Non eri stato tu a
crearmi, a farmi diverso dai quadrupedi e più sapiente dei volatili del cielo? Ma io camminavo fra le
tenebre e su terreno sdrucciolevole; ti cercavo fuori di me e non ti trovavo, perché tu sei il Dio del mio
cuore. Ormai avevo raggiunto il fondo del mare: come non perdere fiducia, non disperare di scoprire più
il vero? Già mi aveva raggiunto mia madre, che, forte della sua pietà, m’inseguì per terra e per mare,
traendo sicurezza da te in ogni pericolo. Così anche nei fortunali marini confortava gli stessi marinai, da
cui abitualmente chi attraversa per la prima volta gli abissi riceve conforto nella sua paura, promettendo
loro un arrivo sicuro alla meta, poiché tu glielo avevi promesso in una visione. Mi trovò in grave pericolo.
Non speravo più di scoprire la verità. Tuttavia, quando la informai che, pur senza essere cattolico
cristiano, non ero più manicheo, non sobbalzò di gioia come alla notizia di un avvenimento imprevisto: da
tempo era tranquilla per questa parte della mia sventura, ove mi considerava come un morto, ma un morto
da risuscitare con le sue lacrime versate innanzi a te e che ti presentava sopra il feretro del suo pensiero
affinché tu dicessi a questo figlio della vedova: “Giovane, dico a te, alzati”, ed egli tornasse a vivere e
cominciasse a parlare, e tu lo restituissi a sua madre. Nessuna esultanza scomposta commosse dunque il
suo cuore alla notizia che quanto ti chiedeva ogni giorno, fra le lacrime, di compiere, si era compiuto: se
non avevo ancora colto la verità, ero però stato ormai tolto dalla menzogna. Fermamente sicura, anzi, che
avresti concesso anche il resto, poiché tutto le avevi promesso, mi rispose con assoluta pacatezza e il
cuore pieno di fiducia: “Credo in Cristo che prima di migrare da questo mondo ti avrò veduto cattolico
convinto”. Questa la risposta che diede a me; ma a te, fonte di misericordie, diede più intense preghiere e
lacrime, affinché affrettassi il tuo aiuto e illuminassi le mie tenebre. Con maggior fervore correva anche in
chiesa, ove pendeva dalle labbra di Ambrogio, fonte di acqua zampillante per la vita eterna. Amava
quell’uomo come un angelo di Dio da quando aveva saputo che per suo merito ero arrivato frattanto a
ondeggiare almeno nel dubbio, a questo varco obbligato e più pericoloso, come sono gli attacchi che i
medici chiamano critici, del mio transito, per lei sicuro, dalla malattia alla salute.
Ubbidienza e devozione di Monica verso Ambrogio
2. 2. Un giorno mia madre, secondo un’abitudine che aveva in Africa, si recò a portare sulle tombe dei
santi una farinata, del pane e del vino. Respinta dal custode, appena seppe che c’era un divieto del
vescovo, lo accettò con tale devozione e ubbidienza, da stupire me stesso al vedere la facilità con cui
condannava la propria consuetudine anziché discutere la proibizione del vescovo. Il suo spirito non era
soffocato dall’ebrietà né spinto dall’amore del vino a odiare il vero, mentre i più fra i maschi e le femmine
all’udire il ritornello della sobrietà vengono assaliti dalla nausea che prende gli ubriachi davanti a un
bicchiere d’acqua. Quando portava lei il canestro con le vivande rituali da distribuire agli intervenuti dopo
averle assaggiate, poneva davanti solo un calicetto di vino diluito secondo le esigenze del suo palato
piuttosto sobrio e per riguardo verso gli altri; e se erano molte le sepolture dei defunti che così si volevano
onorare, portava intorno quell’unico, piccolo calice da deporre su ogni tomba, e in quello condivideva a
piccoli sorsi con i fedeli presenti un vino non solo molto annacquato, ma anche molto tiepido. Alle tombe
infatti si recava per devozione, non per diletto. Perciò, una volta informata che il predicatore illustre,
l’antesignano della devozione aveva proibito di eseguire quelle cerimonie anche sobriamente, per non
dare ai beoni alcuna occasione d’ingurgitare vino e per la grande somiglianza di quella sorta di parentali
con le pratiche superstiziose dei pagani, se ne astenne ben volentieri. In luogo di un canestro pieno di
frutti terreni imparò a portare alle tombe dei martiri un cuore pieno di affetti più puri. Così dava ai poveri
quanto poteva, anche se a celebrarsi era la comunione del corpo del Signore: perché i martiri
s’immolarono e furono coronati a imitazione della passione di lui. Eppure credo, Signore Dio mio, ed è in
proposito la mia intima convinzione davanti ai tuoi occhi, che probabilmente mia madre non si sarebbe
arresa con tanta facilità a troncare le sue usanze, se la proibizione fosse venuta da una persona che non
avesse amato come Ambrogio; e Ambrogio lo amava soprattutto a cagione della mia salvezza. Lui poi
Agostino – Confessioni pag. 39 di 134