Page 36 - Confessioni
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letto alcune orazioni tulliane, pochissimi libri di Seneca, qualche volume di poesia, e i pochi dei suoi
correligionari che siano scritti in un latino corretto e adorno. In più, dall’esercizio dei discorsi tenuti
giornalmente in pubblico gli derivava una parlata facile, resa ancora più gradita e seducente da un uso
accorto dell’ingegno e da un certo garbo naturale. È così come ricordo, Signore Dio mio, arbitro della mia
coscienza? Il mio cuore e la mia memoria sono innanzi a te, che allora mi muovevi secondo l’occulto
segreto della tua provvidenza e già rivolgevi i miei turpi errori davanti alla mia faccia perché al vederli li
odiassi.
Gradevole modestia di Fausto
7. 12. Dopoché mi apparve abbastanza chiaramente l’incompetenza di quell’uomo nelle discipline in cui
l’avevo immaginato eccellente, cominciai a perdere la speranza di avere da lui spiegate e risolte le
questioni che mi turbavano. Naturalmente avrebbe potuto ignorare le mie questioni, e possedere la verità
religiosa; ma a patto di non essere un manicheo. I libri manichei rigurgitano d’interminabili favole sul
cielo, le stelle, il sole, la luna, e io desideravo appunto questo: che dimostrasse intelligentemente, dopo
averle raffrontate con le spiegazioni matematiche da me lette altrove, come la spiegazione offerta dai testi
di Mani fosse preferibile o di certo almeno pari; ma non speravo più tanto. Gli sottoposi tuttavia le
questioni, affinché le considerasse e discutesse. Egli con innegabile modestia e cautela si rifiutò di
addossarsi il pesante fardello; non ignaro della propria ignoranza in materia, non si vergognò di
riconoscerla. Era dunque ben diverso dai molti chiacchieroni che avevo dovuto sopportare e che avevano
cercato di erudirmi senza dire nulla. Costui aveva un’intelligenza, se non diretta verso di te, però non
troppo incauta verso se stessa. Non del tutto inesperto della propria inesperienza, evitò di rinchiudersi con
una disputa temeraria in una posizione senza uscite e di non facile ritirata per lui. Anche questo
atteggiamento me lo rese ancora più accetto. La modestia di un animo che si apre è più bella della scienza
che io cercavo; e quell’uomo lo trovai sempre così in tutte le questioni un po’ difficili e sottili.
Sfiducia e freddezza verso il manicheismo
7. 13. Con lui si dissolse l’interesse che avevo portato alle dottrine di Mani. Fiducia ancora minore nutrivo
verso gli altri loro maestri, dopoché il più famoso mi si rivelò ignorante nelle molte questioni che mi
turbavano. Non mancai tuttavia di frequentarlo a motivo della passione che lo infiammava per la
letteratura, da me insegnata a quel tempo come retore ai giovani di Cartagine. Leggevo in sua compagnia i
testi di cui aveva udito parlare e che desiderava conoscere, oppure io stesso ritenevo adatti a un’indole
come la sua. Per il resto i miei sforzi e intenti di progredire in quella setta furono tutti immediatamente
stroncati dopo conosciuto quell’uomo, benché non me ne separassi del tutto. Non trovando, direi, nulla di
meglio, decisi di star pago per il momento della posizione che avevo comunque raggiunto
precipitosamente, finché apparisse una luce preferibile. Così quel Fausto, che fu per molti un lacciuolo
mortale, senza volerlo e senza saperlo aveva già cominciato a sciogliere il lacciuolo in cui ero stato preso.
Le tue mani, Dio mio, nel segreto della tua provvidenza non abbandonavano invero la mia anima; d’altra
parte, dal cuore sanguinante di mia madre ti si offriva per me notte e giorno il sacrificio delle sue lacrime.
Agisti verso di me in modi mirabili. Fu azione tua, Dio mio, perché dal Signore sono diretti i passi
dell’uomo, e gli imporrà la via. Come ottenere la salvezza, se la tua mano non ricrea la tua creazione?
A Roma; crisi scettica
I motivi della partenza
8. 14. Fu dunque per la tua azione verso di me che mi lasciai indurre a raggiungere Roma e a insegnare
piuttosto là ciò che insegnavo a Cartagine. Non tralascerò di confessarti cosa m’indusse a tanto, perché
anche in questa circostanza si deve riconoscere e proclamare l’occulta profondità e l’indefettibile presenza
della tua misericordia verso di noi. A raggiungere Roma non fui spinto dalle promesse di più alti guadagni
e di un più alto rango, fattemi dagli amici che mi sollecitavano a quel passo, sebbene anche questi miraggi
allora attirassero il mio spirito. La ragione prima e quasi l’unica fu un’altra. Sentivo dire che laggiù i
giovani studenti erano più quieti e placati dalla coercizione di una disciplina meglio regolata; perciò non
si precipitano alla rinfusa e sfrontatamente nelle scuole di un maestro diverso dal proprio, ma non vi sono
affatto ammessi senza il suo consenso. Invece a Cartagine l’eccessiva libertà degli scolari è indecorosa e
sregolata. Irrompono sfacciatamente nelle scuole, e col volto, quasi, di una furia vi sconvolgono l’ordine
instaurato da ogni maestro fra i discepoli per il loro profitto; commettono un buon numero di ribalderie
Agostino – Confessioni pag. 34 di 134