Page 40 - Confessioni
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tramite di quegli ubriachi da favole manichee, da cui la partenza mi avrebbe liberato a nostra insaputa,
perché, dopo avermi saggiato in una prova di dizione, il prefetto del tempo, Simmaco, m’inviasse a
Milano. Qui incontrai il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori, e tuo devoto
servitore. In quel tempo la sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento,
la letizia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino. A lui ero guidato inconsapevole da te, per essere da
lui guidato consapevole a te. Quell’uomo di Dio mi accolse come un padre e gradì il mio pellegrinaggio
proprio come un vescovo. Io pure presi subito ad amarlo, dapprima però non certo come maestro di verità,
poiché non avevo nessuna speranza di trovarla dentro la tua Chiesa, bensì come persona che mi mostrava
benevolenza. Frequentavo assiduamente le sue istruzioni pubbliche, non però mosso dalla giusta
intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era
superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m’interessavo al contenuto, anzi lo
disdegnavo. La soavità della sua parola m’incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di
quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile: l’uno si
sviava nei tranelli manichei, l’altro mostrava la salvezza nel modo più salutare. Ma la salvezza è lontana
dai peccatori, quale io ero allora là presente. Eppure mi avvicinavo ad essa sensibilmente e a mia
insaputa.
Il significato spirituale delle Scritture nella predicazione di Ambrogio
14. 24. Non badavo dunque a imparare i temi, ma solo ad ascoltare i modi della sua predicazione.
Sfiduciato ormai che all’uomo si aprisse la via per giungere a te, conservavo questo futile interesse. Pure,
insieme alle parole, da cui ero attratto, giungevano al mio spirito anche gli argomenti, per cui ero distratto.
Non potevo separare gli uni dalle altre, e mentre aprivo il cuore ad accogliere la sua predicazione feconda,
vi entrava insieme la verità che predicava, sia pure per gradi. Dapprima, incominciai a rendermi conto
ormai che anche le sue tesi erano difendibili, e ormai mi convinsi che non era temerario sostenere la fede
cattolica, benché fino ad allora fossi stato persuaso che nessun argomento si potesse opporre agli attacchi
dei manichei. Ciò avvenne soprattutto dopoché udii risolvere via via molti grovigli dell’Antico
Testamento, che, presi alla lettera, erano esiziali per me. L’esposizione dunque di numerosi passaggi della
Sacra Scrittura secondo il significato spirituale mi mosse ben presto a biasimare almeno la mia sfiducia,
per cui avevo creduto del tutto impossibile resistere a chi esecrava e derideva la Legge e i Profeti. Non per
questo tuttavia mi sentivo ancora costretto a seguire da un lato la fede cattolica, che poteva essa pure
disporre di dotti sostenitori, capaci di confutare le obiezioni con parola eloquente e argomenti rigorosi; a
condannare dall’altro il sistema che seguivo, per essere i due partiti pari nella difesa. Ossia la fede
cattolica non mi appariva vinta, ma non si mostrava ancora vincitrice.
L’abbandono del manicheismo
14. 25. Allora però tesi tutte le forze del mio spirito nella ricerca di un argomento inconfutabile, con cui
dimostrare la falsità delle dottrine manichee. Se solo avessi potuto pensare a una sostanza spirituale, tutte
le loro macchinose costruzioni si sarebbero istantaneamente sfasciate e dileguate dalla mia mente. Ma non
riuscivo. Riguardo alla struttura del mondo, tuttavia, e all’intera natura soggetta ai nostri sensi fisici, le
mie considerazioni e i miei raffronti mi persuasero sempre meglio che le teorie della maggioranza dei
filosofi erano molto più attendibili. Nel mio dubitare di tutto, secondo il costume degli accademici quale è
immaginato comunemente, e nel fluttuare fra tutte le dottrine, risolsi di abbandonare davvero i manichei.
Giudicai che proprio in quella fase d’incertezza non dovessi rimanere in una setta che ormai ponevo più in
basso di parecchi filosofi, sebbene poi mi rifiutassi assolutamente di affidare alle loro cure la debolezza
della mia anima, poiché ignoravano il nome di Cristo. Decisi dunque di rimanere come catecumeno nella
Chiesa cattolica, raccomandatami dai miei genitori, in attesa che si accendesse una luce di certezza, su cui
dirigere la mia rotta.
Agostino – Confessioni pag. 38 di 134