Page 39 - Confessioni
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10. 20. Di conseguenza credevo che anche il male fosse una qualche sostanza simile e fosse dotato di una
sua massa oscura e informe, qui densa, ed è ciò che chiamavano terra, là tenue e sottile, secondo la natura
dell’aria, che immaginano come uno spirito maligno strisciante su quella terra. E poiché la mia religiosità,
qualunque fosse, mi costringeva a riconoscere che un dio buono non poteva aver creato nessuna natura
cattiva, stabilivo due masse opposte fra loro, entrambe infinite, ma in misura più limitata la cattiva, più
ampia la buona. Da questo principio letale derivavano tutte le altre mie eresie. Ogni tentativo del mio
spirito di tornare alla fede cattolica era frustrato dal falso concetto che avevo di quella fede. Mi sembrava
più grande devozione, Dio mio che confessano gli atti della tua commiserazione su di me, il crederti
infinito nelle altre direzioni, eccetto in quella sola ove ti si opponeva la massa del male ed ero costretto a
riconoscerti finito, che non il pensarti limitato in ogni direzione entro la forma di un corpo umano. Così
mi sembrava più degno credere che tu non avessi creato nessun male, anziché credere derivata da te la
natura del male quale me la figuravo io, che nella mia ignoranza non solo gli attribuivo una sostanza, ma
una sostanza corporea, essendo incapace di pensare persino lo spirito privo di un corpo, sottile, che però
si diffondesse nello spazio. Lo stesso nostro Salvatore, il tuo unigenito, lo immaginavo emanato dalla
massa del tuo corpo luminosissimo per la nostra salvezza, null’altro credendo di lui, se non ciò che poteva
rappresentarmi la mia vanità. Naturalmente ritenevo che una simile natura non potesse nascere da Maria
vergine senza connettersi con la carne. Come poi questa connessione potesse avvenire e non inquinare
l’essere che mi figuravo, non riuscivo a scorgere. Esitavo dunque a credere che fosse nato nella carne, per
timore di doverlo credere inquinato dalla carne. I tuoi figli spirituali sorrideranno ora con affettuosa
indulgenza di me, al leggere le mie confessioni. Tuttavia ero così.
Accuse dei manichei alle Scritture
11. 21. Esistevano poi le critiche dei manichei alle tue Scritture, che mi sembravano irrefutabili. Eppure a
volte avrei desiderato davvero sottoporre alcuni singoli passi a qualche profondo conoscitore dei libri
sacri per sondare la sua opinione. C’era ad esempio un certo Elpidio, che soleva discutere pubblicamente
proprio con i manichei e che già a Cartagine mi aveva impressionato con i suoi discorsi, poiché citava
certi passi scritturali difficilmente contrastabili. Le risposte degli avversari mi sembravano deboli; per di
più preferivano darcele in segreto, anziché esporle in pubblico. Sostenevano che gli scritti del Nuovo
Testamento erano stati falsati, chissà poi da chi, col proposito d’innestare la legge dei giudei sulla fede
cristiana, senza presentare dal canto loro alcun esemplare integro di quel testo. Ma io, incapace di
raffigurarmi un essere incorporeo, rimanevo soprattutto schiacciato, per così dire, dalle due masse famose:
prigioniero e soffocato sotto il loro peso, anelavo a respirare l’aria limpida e pura della tua verità, ma
invano.
Misfatti degli studenti romani
12. 22. Iniziata volenterosamente l’attività per cui ero venuto a Roma, ossia l’insegnamento della retorica,
dapprima adunai in casa mia un certo numero di allievi, ai quali e grazie ai quali cominciai a essere noto;
quand’ecco vengo a conoscere altre abitudini di Roma, che non mi affliggevano in Africa. Certo ebbi la
conferma che là non si verificavano i famigerati disordini degli scolari depravati. Tuttavia fui anche
avvertito che improvvisamente, per non versare il compenso al proprio maestro, i giovani si coalizzano e
si trasferiscono in massa presso altri, tradendo così la buona fede e calpestando la giustizia per amore del
denaro. In cuor mio cominciai a odiare anche costoro, ma non di un odio perfetto: probabilmente li odiavo
più per il danno che avrei subìto io, che per il modo illegale con cui agivano verso gli altri. Certo è che si
tratta di individui immondi, i quali trescano lontano da te, amando un oggetto evanescente, trastullo del
tempo, e un lucro fangoso, che a stringerlo insozza le mani; aggrappandosi a un mondo fugace, e
disprezzando te, che stabile lanci il tuo richiamo e perdoni la meretrice anima umana che a te ritorna. Ora
odio questa gente malvagia e corrotta, ma l’amo anche, per correggerla e farle anteporre al denaro la
dottrina che impara, e quindi alla dottrina te, Dio, verità, fecondità di bene sicuro e castissima pace;
invece allora cercavo di evitare le sue cattiverie per amor mio, anziché di migliorarla per amor tuo.
A Milano
Trasferimento a Milano e incontro con Ambrogio
13. 23. Perciò, quando il prefetto di Roma ricevette da Milano la richiesta per quella città di un maestro di
retorica, con l’offerta anche del viaggio con mezzi di trasporto pubblici, proprio io brigai e proprio per il
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