Page 33 - Confessioni
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Libro quinto

                  DA CARTAGINE A ROMA E MILANO



                  Introduzione
                  Lodi al Signore

                  1. 1. Accetta l’olocausto delle mie confessioni dalla mano della mia lingua, formata e sollecitata da te alla
                  confessione del tuo nome. Risana tutte le mie ossa, e ti dicano: “Signore, chi simile a te?”. Chi a te si
                  confessa non ti rende nota la sua intima storia, poiché un cuore chiuso non esclude da sé il tuo occhio, né
                  la durezza degli uomini respinge la tua mano, bensì tu la stempri a tuo piacere, con la pietà o la punizione;
                  e  nessuno  si  sottrae  al  tuo  calore.  La  mia  anima  ti  lodi  per  amarti,  ti  confessi  gli  atti  della  tua
                  commiserazione per lodarti. L’intero tuo creato non interrompe mai il canto delle tue lodi: né gli spiriti
                  tutti attraverso la bocca rivolta verso di te, né gli esseri animati e gli esseri materiali, attraverso la bocca di
                  chi li contempla. Così la nostra anima, sollevandosi dalla sua debolezza e appoggiandosi alle tue creature,
                  trapassa fino a te, loro mirabile creatore. E lì ha ristoro e vigore vero.


                  Presenza di Dio consolatore
                  2. 2. Vadano, fuggano pure lontano da te gli inquieti e gli iniqui. Tu li vedi, ne distingui le ombre fra le
                  cose. Così l’insieme risulta bello anche con la loro presenza, con la loro deformità. Che male poterono
                  farti? dove poterono deturpare il tuo regno, se è giusto e intatto dall’alto dei cieli fino ai lembi estremi
                  della terra? Dove fuggirono fuggendo dal tuo volto? in quale luogo non li puoi trovare? Fuggirono per
                  non vedere la tua vista posata su di loro e urtare, accecati, contro di te, che non abbandoni nulla di ciò che
                  hai creato; per non urtare contro di te, e ricevere l’equo castigo della loro iniquità. Si sottrassero alla tua
                  mitezza  per  urtare  nella  tua  giustizia  e  cadere  nella  tua  severità.  Evidentemente  ignorano  che  tu  sei
                  dovunque e nessun luogo ti racchiude, che tu solo sei vicino anche a chi si pone lontano da te. Dunque si
                  volgano indietro a cercarti: tu non abbandoni le tue creature come esse abbandonano il loro creatore. Se si
                  volgono indietro da sé a cercarti, eccoti già lì, nel loro cuore, nel cuore di chiunque ti riconosce e si getta
                  ai  tuoi  piedi,  piangendo  sulle  tue  ginocchia  dopo  il  suo  aspro  cammino.  Tu  prontamente  ne  tergi  le
                  lacrime,  e  più  singhiozzano  allora  e  si  confortano  al  pianto  perché  sei  tu,  Signore,  e  non  un  uomo
                  qualunque, carne e sangue, ma tu, Signore, il loro creatore, che le rincuori e le consoli. Anch’io dov’ero
                  quando ti cercavo? Tu eri davanti a me, ma io mi ero allontanato da me e non mi ritrovavo. Tanto meno
                  ritrovavo te.

                  Insufficienze ed errori del manicheismo

                  Il vescovo manicheo Fausto, lacciuolo del diavolo
                  3. 3. Esporrò al cospetto del mio Dio le vicende di quell’anno, ventinovesimo della mia vita. Poco prima
                  era giunto a Cartagine un vescovo manicheo di nome Fausto, gran lacciuolo del diavolo, in cui si lasciava
                  impigliare  molta  gente  ammaliata  dalla  dolce  favella,  che  anch’io  elogiavo,  però  distinguendola  dalla
                  verità delle cose che ero avido di conoscere. Badavo cioè non tanto al recipiente delle parole, quanto alla
                  vivanda  del  sapere  che,  nome  altisonante  fra  quei  tali,  il  grande Fausto mi metteva innanzi. Lo aveva
                  preceduto  la  fama  di  uomo  versatissimo  in  tutte  le  nobili  discipline,  ma  particolarmente  erudito  nelle
                  lettere. Io, che ricordavo, per averle lette e studiate, le opere di molti filosofi, confrontandone alcune con
                  le  favole  prolisse  dei  manichei,  trovavo  più  probabili  le  teorie  di  chi  ebbe  tanta  perspicacia,  da  fare
                  giusta stima del mondo, pur senza scoprirne affatto il Signore; perché tu sei grande, Signore, e volgi lo
                  sguardo sugli umili, mentre gli eccelsi li vuoi conoscere da lontano e solo ai cuori contriti ti avvicini; non
                  ti riveli ai superbi neppure se con la loro curiosa destrezza sappiano calcolare le stelle e l’arena, misurare
                  gli spazi siderei ed esplorare le piste degli astri.


                  Facoltà e difetti della scienza






                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 31 di 134
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