Page 30 - Confessioni
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moti del cuore.
                  14. 23. Quel retore comunque apparteneva al genere d’uomini che io amavo al punto di voler essere come
                  loro. La vanità mi portava fuori strada, ogni vento mi spingeva or qua or là, ma tu nell’ombra mi pilotavi.
                  Da dove riconosco, da dove traggo la certezza nel confessarti che l’amai più per l’amore di chi lo lodava,
                  che per le ragioni di tante lodi? Se, anziché lodarlo, le medesime persone lo avessero biasimato, avessero
                  narrato di lui i medesimi fatti con accenti di biasimo e sprezzo, io non mi sarei acceso né esaltato per lui;
                  eppure i fatti non sarebbero stati certamente diversi, egli medesimo un uomo diverso; soltanto i sentimenti
                  di chi ne parlava lo sarebbero stati. Ecco qual è la condizione di un’anima inferma, non ancora aderente
                  alle  solide  basi  della  verità.  Secondo  che  spira  l’aura  delle  parole  dal  petto  di  chi  sentenzia,  essa  è
                  trasportata e spinta, è torta e ritorta, le si offusca la luce, non scorge la verità che, ecco, ci sta davanti. Per
                  me era poi molto importante che quel personaggio venisse a conoscere il mio stile e i miei studi. Una sua
                  approvazione avrebbe accresciuto il mio ardore, una riprovazione avrebbe pugnalato il mio cuore vano e
                  privo della tua fermezza. Intanto la Bellezza e convenienza, il trattato che gli avevo dedicato, io passavo e
                  ripassavo nella mente, davanti allo sguardo compiaciuto della mia contemplazione, e l’ammiravo senza
                  che avesse l’approvazione di nessuno.

                  Argomenti del trattato
                  15. 24. Non vedevo però ancora nella tua arte, onnipotente e unico autore di meraviglie, il cardine di una
                  realtà così grande. Il mio spirito percorreva le forme corporee e io definivo bello ciò che è armonioso in
                  sé,  conveniente  ciò  che  è  armonioso  in  rapporto  con  altri  oggetti,  suffragando  questa  distinzione  con
                  esempi concreti. Poi mi volsi a considerare la natura dell’anima. Ma l’idea falsa che avevo delle sostanze
                  spirituali m’impediva di scorgere il vero. Per quanto la verità mi balzasse agli occhi con tutta la sua forza,
                  io non distoglievo la mente ansiosa dalla realtà incorporea verso le linee, i colori e le masse turgide; e
                  giacché non potevo ritrovarne nell’anima, pensavo che non avrei potuto ritrovare l’anima stessa; e poiché
                  nella virtù mi attraeva la pace, nel vizio mi ripugnava la discordia, scorgevo nella prima una specie di
                  unità,  nel  secondo  una  specie  di  divisione.  In  quell’unità  poi  mi  pareva  risiedere  l’anima  razionale,
                  l’essenza della verità e del bene supremo; nella divisione invece misero scorgevo una sostanza indefinibile
                  di vita irrazionale e l’essenza del male supremo, che per me era non solo sostanza, ma vera vita, sebbene
                  non provenisse da te, Dio mio, da cui provengono tutte le cose. Delle due, alla prima davo il nome di
                  monade in quanto intelligenza asessuale, alla seconda di diade, ed è la collera nei delitti, la libidine nei
                  vizi. Non sapevo cosa dicessi. Infatti ignoravo e non avevo imparato che il male non è una sostanza, e
                  neppure la nostra intelligenza è il bene supremo e immutabile.


                  Orgoglio di un uomo corrotto

                  15. 25. Come si commettono delitti quando l’impulso spirituale che muove le nostre azioni è corrotto e si
                  scatena con torbida arroganza; come si cade nel vizio quando l’anima non modera le inclinazioni di cui si
                  alimentano i piaceri fisici, così gli errori e le opinioni false guastano la vita, se anche l’anima razionale è
                  corrotta. Corrotta era la mia allora, poiché ignoravo che un’altra luce doveva illuminarla, se voleva godere
                  della  verità,  poiché  non  era  essa  per  sé  l’essenza  della  verità.  Tu  infatti  illuminerai  la  mia  lucerna,
                  Signore; tu, Dio mio, illuminerai le mie tenebre. Tutti abbiamo attinto dalla tua pienezza; tu sei il vero
                  lume, il quale illumina ogni uomo che viene in questo mondo; perché non sei soggetto ad alterazione né
                  ad ombra di mutamento.

                  15. 26. Io tendevo però verso di te, e tu mi respingevi via da te per farmi assaporare la morte, poiché
                  resisti  ai  superbi:  e  può  esservi  atto  più  superbo  del  mio,  quando affermavo con demenza inaudita di
                  essere  per  natura  ciò  che  sei  tu?  Ero  mutevole,  e  ben  lo  capivo  dal  desiderio  appunto  di  sapere  per
                  divenire da peggiore migliore; eppure preferivo credere mutevole anche te, piuttosto che me diverso da
                  ciò che tu sei. Di qui le tue ripulse, la tua resistenza di fronte alla mia tronfia testardaggine. Fissavo la mia
                  immaginazione su forme corporee, ero carne e accusavo la carne, ero un soffio passeggero e ancora non
                  tornavo a te, passavo passeggero fra cose inesistenti in te, in me, nella materia, non create per me dalla tua
                  verità, ma dalla mia vanità immaginate secondo la materia. E dicevo ai tuoi piccoli, ai tuoi fedeli, ai miei
                  concittadini,  da  cui  ero  a  mia  insaputa  in  lontano  esilio,  dicevo  loro  con  sciocca  petulanza:  “Perché
                  dunque  dovrebbe  ingannarsi  lo  spirito,  se  creato  da  Dio?”,  e  non  volevo  sentirmi  rispondere:  “Perché
                  dunque dovrebbe ingannarsi Dio”. Preferivo sostenere che la tua sostanza immutabile è costretta ad errare,
                  anziché riconoscere che la mia mutabile aveva deviato spontaneamente e per castigo errava.




                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 28 di 134
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