Page 27 - Confessioni
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lo amavo, io credo, tanto più odiavo e temevo la morte, nemica crudelissima che me lo aveva tolto e si
                  apprestava a divorare in breve tempo, nella mia immaginazione, tutti gli uomini, se aveva potuto divorare
                  quello. Tale certamente era il mio stato d’animo, mi ricordo. Eccolo il mio cuore, mio Dio, eccolo nel suo
                  intimo.  Vedilo  attraverso  i  miei  ricordi,  o  speranza  mia,  tu  che  mi  purifichi  dall’impurità  di  questi
                  sentimenti, dirigendo i miei occhi verso di te e strappando dal laccio i miei piedi. Mi stupivo che gli altri
                  mortali vivessero, se egli, amato da me come non avesse mai a morire, era morto; e più ancora, che io
                  vivessi se era morto colui, del quale ero un altro se stesso, mi stupivo. Bene fu definito da un tale il suo
                  amico la metà dell’anima sua. Io sentii che la mia anima e la sua erano state un’anima sola in due corpi;
                  perciò la vita mi faceva orrore, poiché non volevo vivere a mezzo, e perciò forse temevo di morire, per
                  non far morire del tutto chi avevo molto amato.


                  Partenza per Cartagine in cerca di sollievo

                  7. 12. Oh follia, incapace di amare gli uomini quali uomini! Oh stoltezza dell’uomo, insofferente della
                  condizione umana! Tali erano i miei sentimenti di allora, e di lì nascevano i miei furori, i miei sospiri, le
                  mie lacrime, i miei turbamenti e l’irrequietudine e l’incertezza. Mi portavo dentro un’anima dilaniata e
                  sanguinante,  insofferente  di  essere  portata  da  me;  e  non  trovavo  dove  deporla.  Non  certo  nei  boschi
                  ameni, nei giochi e nei canti, negli orti profumati, nei conviti sfarzosi, fra i piaceri dell’alcova e delle
                  piume, sui libri infine e i poemi posava. Tutto per lei era orrore, persino la luce del giorno; e qualunque
                  cosa non era ciò che lui era, era triste e odiosa, eccetto i gemiti e il pianto. Qui soltanto aveva un po’ di
                  riposo; ma appena di lì la toglievo, la mia anima, mi opprimeva sotto un pesante fardello d’infelicità. Per
                  guarirla avrei dovuto sollevarla verso di te, Signore, lo capivo, ma non volevo né valevo tanto, e ancora
                  meno perché non eri per la mia mente un essere consistente e saldo, ossia non eri ciò che sei. Un vano
                  fantasma e il mio errore erano il mio dio. Se tentavo di adagiarvi la mia anima per farla riposare, scivolava
                  nel vuoto, ricadendo nuovamente su di me; e io ero rimasto per me stesso un luogo infelice, ove non
                  potevo stare e donde non potevo allontanarmi. Dove poteva fuggire infatti il mio cuore via dal mio cuore,
                  dove fuggire io da me stesso, senza inseguirmi? Dalla mia patria però fuggii, perché i miei occhi meno
                  cercavano l’amico dove non erano avvezzi a vederlo. Così dal castello di Tagaste mi trasferii a Cartagine.
                  A Cartagine


                  Nuove amicizie consolatrici
                  8. 13. Il tempo non è inoperoso, non passa oziosamente sui nostri sentimenti. Agisce invece sul nostro
                  animo in modo sorprendente. Ecco, veniva e trascorreva di giorno in giorno, e venendo e trascorrendo
                  insinuava  dentro  di  me  nuove  speranze,  nuovi  ricordi  con  paziente  restauro  ove  alle  antiche  forme  di
                  piacere cedeva il recente dolore. Ma succedevano, se non nuovi dolori, motivi almeno di nuovi dolori.
                  Perché,  d’altronde,  quel  primo  dolore  era  penetrato  con  grande  facilità  nel  mio  intimo,  se  non perché
                  avevo versato la mia anima sulla sabbia, amando una creatura mortale come fosse immortale? Massimo
                  ristoro e sollievo mi veniva dai conforti degli altri amici, con i quali avevo in comune l’amore di ciò che
                  amavo in tua vece, dell’enorme finzione, della lunga impostura, corruttrice, con le sue carezze spurie, del
                  nostro  pensiero  smanioso  di  udire.  Per  me  quella  finzione  non  moriva,  se  anche  uno  dei  miei  amici
                  moriva.  Altri  legami  poi  avvincevano  ulteriormente  il  mio  animo:  i  colloqui,  le  risa  in  compagnia,  lo
                  scambio  di  cortesie  affettuose,  le  comuni  letture  di  libri  ameni,  i  comuni  passatempi  ora  frivoli  ora
                  decorosi,  i  dissensi  occasionali,  senza  rancore,  come  di  ogni  uomo  con  se  stesso,  e  i  più  frequenti
                  consensi, insaporiti dai medesimi, rarissimi dissensi; l’essere ognuno dell’altro ora maestro, ora discepolo,
                  la nostalgia impaziente di chi è lontano, le accoglienze festose di chi ritorna. Questi e altri simili segni di
                  cuori  innamorati  l’uno  dell’altro,  espressi  dalla  bocca,  dalla  lingua,  dagli  occhi  e  da  mille  gesti
                  gradevolissimi, sono l’esca, direi, della fiamma che fonde insieme le anime e di molte ne fa una sola.


                  Fortunati gli amici di Dio

                  9. 14. Tutto ciò si ama negli amici, e si ama in modo che la nostra coscienza di uomini si sente colpevole,
                  se  non  risponde  sempre  con  amore  ad  amore  senza  chiedere  all’essere  amato  che  prove  di  affetto.
                  Vengono di qui il lutto alla morte degli amici, le tenebre del dolore, il mutarsi della dolcezza in amarezza,
                  il cuore zuppo di pianto e la morte dei vivi per la perduta vita dei morti. Felice chi ama te, l’amico in te, il
                  nemico per te. L’unico a non perdere mai un essere caro è colui che ha tutti cari in chi non è mai perduto.
                  E chi è costui, se non il Dio nostro, il Dio che creò il cielo e la terra e li colma, perché colmandoli li ha




                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 25 di 134
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