Page 23 - Confessioni
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presto ciò che si doveva vedere e io certo non avevo veduto prima delle sue parole. Così proprio in quel
                  sogno  e  molto  tempo  prima  del  vero  fu  predetto  alla  pia  il  gaudio  che  avrebbe  provato  in  un  futuro
                  lontano, per consolarla dell’ansia che la struggeva al presente. Passarono in seguito nove anni, durante i
                  quali io mi avvoltolai in quel fango d’abisso e tenebre d’errore ove ad ognuno dei molti tentativi che feci
                  per risollevarmi, più pesantemente mi abbattevo; eppure quella vedova casta, pia e sobria, quali tu le ami,
                  dalla speranza, certo, resa ormai più alacre, ma al pianto e ai gemiti non meno pronta, persisteva a far
                  lamento per me davanti a te in tutte le ore delle sue orazioni. Le sue preghiere penetravano sino al tuo
                  sguardo, e nondimeno tu mi lasciavi ancora aggirare e raggirare nella caligine.


                  L’augurio di un vescovo
                  12. 21. Ricordo un secondo responso che desti nel frattempo, e tralascio molti altri episodi per la fretta di
                  giungere a quelli che più mi urgono perché li confessi, senza dire che molti li ho dimenticati. Dunque ci fu
                  un secondo responso, che desti per bocca di un tuo sacerdote, certo vescovo nutrito nella chiesa ed esperto
                  nei tuoi libri. Pregato da quella donna che si degnasse di trattenersi con me per confutare i miei errori,
                  dissuadermi dai princìpi errati e persuadermi dei giusti, come del resto era solita fare quando per caso
                  trovava una persona adatta, si rifiutò, saggiamente invero, come più tardi capii. Le risposte infatti che ero
                  ancora indocile perché gonfiato dal contatto recente con quella tale eresia e perché avevo già confuso
                  molte  persone  impreparate  mediante  certe  polemichette,  come,  aveva  saputo  da  lei.  “Ma,  soggiunse,
                  lascialo stare dov’è. Prega soltanto il Signore per lui. Scoprirà da se stesso, leggendo, dove sia il suo
                  errore e quanto sia grande la sua empietà”. Contemporaneamente le narrò come egli pure, fanciulletto,
                  fosse  stato  affidato  dalla  madre,  da  loro  lusingata,  ai  manichei  e  avesse  non  soltanto  letto,  ma  altresì
                  copiato via via quasi tutti i loro libri. Così aveva scoperto da solo, senza bisogno delle discussioni e delle
                  persuasioni di nessuno, quanto si debba fuggire dalla loro setta, da cui infatti fuggì. Queste parole non
                  bastarono  ad  acquietare  mia  madre.  Essa  anzi  insisteva  ancor  più  con implorazioni e lacrime copiose,
                  perché acconsentisse a vedermi, a discutere con me; finché il vescovo, un po’ stizzito e un po’ annoiato,
                  esclamò: “Vattene: possa tu vivere come non può essere che il figlio di tante lacrime perisca”. Queste
                  parole ella accolse, come ricordava poi spesso nei nostri colloqui, quasi fossero risuonate dal cielo.















































                  Agostino – Confessioni                                                    pag. 21 di 134
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