Page 21 - Confessioni
P. 21
angolo, in quest’altro pur così vicino è vietato o punito? Diremo che la giustizia è varia e mutevole? No,
ma è il tempo da essa regolato che non procede sempre col medesimo passo: non per nulla è il tempo.
Ora, gli uomini, la cui vita è breve sulla terra, incapaci di rapportare col discernimento i motivi validi nei
secoli precedenti e fra gli altri popoli di cui non hanno esperienza, a quelli di cui hanno esperienza; capaci
invece di vedere prontamente in un corpo o una giornata o una casa ciò che conviene a un certo membro,
a un certo momento, a un certo luogo o persona, nel primo caso si disgustano, nel secondo subiscono.
7. 14. Io stesso ignoravo allora queste verità e non le percepivo. Esse dardeggiavano da ogni lato i miei
occhi e non le vedevo. Nel declamare una poesia non mi era lecito collocare un piede qualsiasi in un
punto qualsiasi, bensì dovevo usare diversi piedi secondo i diversi metri, ed anche nel medesimo verso
non sempre il medesimo piede; ciò nonostante l’arte stessa che regolava la mia declamazione non seguiva
princìpi diversi nei diversi punti, ma costituiva un sistema unitario. Non scorgevo però che la giustizia, cui
ubbidivano uomini dabbene e santi, costituiva essa pure un sistema unitario di precetti in una sfera ben più
eccellente e sublime; che, immutabile in ogni sua parte, non li assegna né impone tutti simultaneamente a
tempi diversi, ma quelli soltanto che sono appropriati a ciascuno; e nella mia cecità rimproveravo ai pii
patriarchi non soltanto di aver agito secondo i comandi e le ispirazioni di Dio nel presente, ma di avere
anche preannunziato il futuro, secondo le rivelazioni avute da lui.
Stabilità della legge di natura e varietà delle convenienze
8. 15. C’è forse un tempo o un luogo in cui sia ingiusto amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima,
con tutta la mente, e amare il prossimo come te stesso? Dunque si devono detestare e punire dappertutto e
sempre i vizi contrari alla natura, per esempio i vizi dei sodomiti, che se pure tutti i popoli della terra li
praticassero, la legge divina li coinvolgerebbe in una medesima condanna per il loro misfatto, poiché non
ha creato gli uomini per un tale uso di se stessi. È infatti una violazione del vincolo che deve sussistere tra
noi e Dio la contaminazione della natura medesima, di cui egli è l’autore, per una passione perversa.
Quanto alle azioni che sono viziose perché contravvengono alle usanze umane, si devono evitare,
uniformandosi alla diversità delle usanze stesse, per non violare con la brama capricciosa del singolo,
cittadino o straniero, il patto stabilito dalla consuetudine o dalla legge fra gli abitanti di una medesima
città o nazione: la discordanza infatti di qualsiasi parte col tutto è una deformità. Ma quando è Dio stesso
a dare un ordine contrario a un’usanza o a un patto qualsiasi, bisogna metterlo in pratica, anche se in quel
luogo non fu mai praticato; e se fu trascurato, bisogna restaurarlo, se non fu stabilito, bisogna stabilirlo. A
un re è lecito impartire nella città di cui ha il regno un ordine mai impartito da nessuno prima di lui né da
lui stesso prima di allora. L’ubbidirvi, poi, non è un atto contrario alla convenzione su cui si regge la città;
sarebbe anzi contrario alla convenzione il non ubbidirvi, dal momento che la convenzione su cui si regge
ogni umana società è l’ubbidienza al proprio re. Quanto più dunque si dovrà servire senza esitazione Dio,
re di tutto il creato, in ciò che comanda! Come fra i poteri della società umana il maggiore precede il
minore quanto all’ubbidienza dovuta, così Dio precede tutti.
8. 16. Le stesse considerazioni valgono per le offese al prossimo, ove opera la brama di nuocere con
ingiuria o con danno, e in entrambi i casi o per vendicarsi, come avviene tra nemici; o per ottenere un
bene altrui, come avviene al ladrone che assale un viandante; o per evitare un danno, come avviene per
l’uomo che è temuto; oppure per invidia, come avviene al più povero verso chi è più fortunato, o a chi
ebbe successo in qualcosa e teme o geme di avere un uguale; oppure per il semplice gusto del male altrui,
come avviene agli spettatori degli incontri gladiatori o a chi deride e si beffa del prossimo. Queste le tre
fonti dell’ingiustizia. Esse rampollano dalla libidine del potere, della curiosità e del senso, ora da una sola,
ora da due, ora da tutte tre insieme. Allora si vive male, contro i primi tre e gli altri sette comandamenti, lo
strumento a dieci corde, il tuo decalogo, Dio altissimo e dolcissimo. Quali vizi possono toccare te, invece,
che non sei soggetto a corruzione, quali delitti offendere te, cui nessuno può nuocere? Tu punisci le colpe
che gli uomini commettono a proprio danno. Essi anche quando peccano contro di te agiscono
spietatamente contro la propria anima, e la loro iniquità s’inganna, guastando e pervertendo la propria
natura creata e ordinata da te; facendo un uso smoderato del lecito, oppure bramando ardentemente
l’illecito per farne un uso contrario alla natura. Sono anche rei in cuor loro quanti imprecano contro di te
e scalciano al tuo pungolo, oppure godono di aver infranto audacemente le barriere della società umana
con private consorterie e rapine secondo i propri gusti e le proprie avversioni. Ciò avviene quando ti si
abbandona, fonte della vita, unico vero creatore e regolatore dell’universo, amandone per orgoglio
individuale una parziale falsa unità. E così si ritorna in te con la pietà umile, e tu ci purifichi dalla cattiva
abitudine, indulgente verso i peccati che si confessano, incline ad ascoltare i gemiti di chi è inceppato ai
piedi, ci sciogli dai lacci che ci siamo da noi stessi applicati, affinché non leviamo più contro di te le corna
Agostino – Confessioni pag. 19 di 134