Page 22 - Confessioni
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di una falsa libertà per ingordigia di possedere dell’altro e col pericolo di perdere tutto per colpa di un
amore più grande verso il nostro bene particolare che verso te, bene universale.
Complessità degli atti umani
9. 17. Ma accanto ai vizi personali, ai misfatti e alle molte offese recate al prossimo, esistono i peccati di
chi procede sulla retta via, biasimati dai buoni giudici secondo la legge della perfezione, ma pure
apprezzati per la speranza del frutto futuro, come è apprezzata l’erba per il grano. Esistono poi certe
azioni che assomigliano a vizi o a misfatti e tuttavia non sono peccati, poiché non offendono né te,
Signore Dio nostro, né il consorzio umano. È il caso di chi si procura qualche bene per usarne nella vita a
tempo opportuno, ma forse agisce per il gusto di possedere; o di chi, avendone legittimamente la potestà,
punisce un reo per correggerlo, ma forse agisce per il gusto di nuocere. Esistono dunque molte azioni che
sembrano riprovevoli agli uomini, mentre le approva la tua testimonianza, e molte che gli uomini lodano,
e tu con la tua testimonianza condanni. Spesso sono diversi l’aspetto di un’azione e le intenzioni di chi
agisce, come pure il groviglio delle circostanze, a noi ignote. Ma se tu imponi all’improvviso un’azione
inusitata e imprevista, addirittura vietata da te stesso in precedenza, chi dubiterà dell’obbligo di
compierla, anche se non riveli al momento la causa della tua imposizione e se contrasta col patto sociale
di un gruppo di uomini? Unica giusta società umana è infatti quella che serve a te; ma beati quanti
comprendono che da te viene l’ordine, perché ogni atto dei tuoi servitori o realizza quanto richiede il
presente o preannunzia quale sarà il futuro.
Ridicole credenze manichee
10. 18. Ignaro di tutto ciò, io deridevo i tuoi santi servi e profeti; e cosa ottenevo con la mia derisione se
non la tua derisione? Poco alla volta, ma percettibilmente, mi ero lasciato indurre a credere scempiaggini
come queste: che il fico, quando viene colto, si mette a piangere lacrime di latte, e così pure sua madre la
pianta; se però mangia il fico, da altri naturalmente, e non da lui, delittuosamente colto, un santone, da
quel fico egli impasta nelle viscere e fra i gemiti dell’orazione erutta degli angeli, che dico, delle particelle
addirittura di Dio, particelle del sommo e vero Dio, che sarebbero rimaste prigioniere nel frutto, se il
dente e il ventre dell’eletto santone non le avessero liberate. Ed io, misero, ho creduto doveroso usare
maggior misericordia verso i frutti della terra, che verso gli uomini, a cui sono destinati. Se un affamato
non manicheo avesse chiesto di che sfamarsi, un boccone a lui offerto sembrava sufficiente per essere
condannati al supplizio capitale.
Un sogno di Monica
11. 19. Ma tu stendesti la tua mano dall’alto e traesti la mia anima da un tale abisso di tenebre, mentre per
amor mio piangeva innanzi a te mia madre, tua fedele, versando più lacrime di quante ne versino mai le
madri alla morte fisica dei figli. Grazie alla fede e allo spirito ricevuto da te essa vedeva la mia morte; e tu
l’esaudisti, Signore. L’esaudisti, non spregiasti le sue lacrime, che rigavano a fiotti la terra sotto i suoi
occhi dovunque pregava. Tu l’esaudisti: perché, da chi le venne il sogno consolatore, per il quale accettò
di vivere con me e avere con me in casa la medesima mensa, che da principio aveva rifiutata per
avversione e disgusto del mio traviamento blasfemo? Le sembrò, dunque, di essere ritta sopra un regolo di
legno, ove un giovane radioso e ilare le andava incontro sorridendole, mentre era afflitta, accasciata
dall’afflizione. Il giovane le chiedeva i motivi della sua mestizia e delle lacrime che versava ogni giorno,
più con l’intento di ammaestrarla, come suole accadere, che d’imparare; ed ella rispondeva di piangere
sulla mia perdizione. Allora l’altro la invitava, per tranquillizzarla, e la esortava a guardarsi attorno: non
vedeva che là dov’era lei ero anch’io? Ella guardò e mi vide ritto al suo fianco sul medesimo regolo.
Quale l’origine del sogno, se non il tuo orecchiare al suo cuore, o bontà onnipotente, che ti prendi cura di
ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare, e di tutti come di ciascuno?
11. 20. E quale l’origine di quest’altro fatto: che dopo avermi narrato il suo sogno, appunto, e mentre io
m’ingegnavo a trarlo a questo significato: che era lei piuttosto a non dover disperare di essere un giorno
come me; ebbene, subito, senza un attimo di esitazione, esclamò: “No, non mi fu detto: là dov’è lui sarai
anche tu; ma: là dove sei tu sarà anche lui”. Ti confesso, Signore, questo mio ricordo, in quanto mi
rammento, né mai ne feci mistero, che ancor più del sogno in sé mi scosse questa tua risposta per bocca di
mia madre sveglia. Essa non si smarrì di fronte a una così sottile, ma falsa interpretazione e vide così
Agostino – Confessioni pag. 20 di 134