Page 58 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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Ah!,  lei  intende  dire  che,  trovandosi  in  una  perfetta  libertà  di  spirito  e  apertura
                  dell’anima, da quando non ha più proprietà poiché serve la gloria di lui, gli offrirà il
                  frutto del suo seno e gli farà bere il latte di cui lui lo riempie: lui ne è la fonte e anche la
                  destinazione dove lei intende riversarlo.


                  13. Le mandragore hanno sparso il loro odore. Dentro le nostre porte, o mio Amato, io
                  ho conservato per voi ogni sorta di frutti, vecchi e nuovi.

                     Mirabile unità! Tutto è in comune tra lo Sposo e la Sposa: poiché ella non possiede
                  più nulla che sia suo, fa propri tutti i beni del suo Sposo; non ha altri beni né interessi
                  che  quelli  di  lui,  per  questo  dice  che  le  Anime  principianti  e  che  imparano,
                  simboleggiate dalle mandragore, hanno sparso il loro odore. Questo è giunto sino a noi:
                  mio Amato, lei gli dice, tutto quel che possiedo è vostro, e tutto quanto possedete è mio.
                  Io  sono  talmente  denudata  e  spogliata  di  ogni  cosa  da  avervi  conservato,  offerto,
                  riservato  ogni  sorta  di  frutti,  ogni  tipo  di  azione  e  di  produzione,  senza  escluderne
                  nessuna:  vi  ho donato  tutte le mie opere,  sia le vecchie che voi  avete  operato  in  me
                  dall’inizio, sia le nuove che voi operate in ogni istante per mezzo di me stessa. Di più
                  non ho nulla  che non vi abbia dato:  la mia anima,  con tutte le sue potenze e le sue
                  operazioni; il mio corpo, con i suoi sensi e tutto quanto è in grado di fare. Tutto vi ho
                  consacrato,  e  poiché  voi  me  lo  avete  dato  in  custodia,  lasciandomene  l’uso,  io  lo
                  conservo  tutto  per  voi,  così  che  tutto  è  vostro  sia  quanto  alla  proprietà,  sia  quanto
                  all’uso.



                  Capitolo VIII


                  1. Chi vi darà a me, fratello mio, che allatti dal seno di mia madre; ch’io vi trovi fuori,
                  e che vi baci, così che nessuno più mi disprezzi.

                     L’Amante chiede che la sua unione si approfondisca ulteriormente. Sebbene l’Anima
                  trasformata sia in un’unione permanente e duratura, nondimeno essa è come una Sposa,
                  che si preoccupa delle necessità della sua casa, e che ha un bell’andare e venire, senza
                  per questo cessare di essere Sposa. Ma, oltre a questo, ci sono momenti in cui lo Sposo
                  celeste si diletta di stringere e carezzare più intensamente la sua Sposa. È questo dunque
                  che ella domanda ora. Chi mi offrirà, dice, colui che è mio Sposo e mio Fratello poiché
                  ci allattiamo insieme dal seno di nostra madre, che è l’Essenza divina; da quando lui mi
                  ha nascosto con sé in Dio, io mi allatto senza sosta con lui dal seno della divinità. Ma
                  oltre a questo privilegio, che è inconcepibile, io voglio essere sola all’esterno a gioire
                  dei suoi dolci abbracci, coi quali egli mi fa fluire maggiormente in lui, e sempre di più
                  mi ci  fa penetrare. Ella  chiede inoltre un’altra  grazia, che viene accordata solamente
                  tardi, ed è che l’esterno sia trasformato e rinnovato come l’interno: perché l’interno è da
                  lungo tempo trasformato prima che tutto l’esterno sia mutato, di modo che per qualche
                  tempo restano alcune lievi debolezze, che servono a ricoprire la grandezza della grazia,
                  e che non dispiacciono allo Sposo. Esse equivalgono tuttavia a una sorta di debolezza,
                  che in qualche modo suscita il disprezzo delle creature. Ch’egli dunque mi trasformi
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