Page 63 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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frutti.
Ora la casta Sposa non dice più come in passato: io non ho custodito la mia vigna.
Allora si trattava di una vigna che gli uomini avevano voluto imporle contro la volontà
di Dio; ma di questa che le è affidata dal suo Sposo, ah, lei si prende una cura
straordinaria! Tutto quanto pertiene al comando di Dio si accorda perfettamente con
ogni sorta di occupazione, sia interiore che esteriore: e tutto si compie in maniera
straordinariamente semplice, dopo che la persona incaricata è posta nella massima
libertà. La fedeltà della Sposa è degna di ammirazione: infatti, sebbene si occupi con
tanta precisione della coltura e della custodia della vigna, ella tuttavia ne riserba l’intero
provento allo Sposo, e corrisponde ai custodi un giusto compenso, senza chiedere nulla
per sé. La perfetta carità non sa cosa sia il pensare ai propri interessi.
13. Voi che abitate nei giardini, gli amici ascoltano: fatemi udire la vostra voce.
Lo Sposo spinge la sua Sposa a parlare in suo favore, e a entrare veramente nella vita
apostolica insegnando agli altri. Voi, dice, o mia Sposa, che abitate nei giardini, nelle
aiuole sempre fonte della Divinità, dove non avete smesso di stare da quando è passato
l’inverno; voi siete stata nei giardini, anch’essi belli per la varietà dei fiori di cui sono
cosparsi e per la bontà dei frutti di cui sono ricolmi; voi, dico, o mia Sposa, che tengo
costantemente con me in questi giardini di delizie, uscite un po’ dal riposo pieno di
dolcezza e di silenzio che là godete: Fatemi udire la vostra voce, gli amici ascoltano.
Con queste parole, lo Sposo domanda alla Sposa due cose altrettanto meravigliose: la
prima, che lei esca a sua volta dal profondo silenzio in cui è stata sino ad allora. Infatti,
come in tutto il tempo della fede e della perdita in Dio è stata in un profondo silenzio
perché occorreva che il suo fondo fosse ridotto alla semplicità e unità di Dio solo, ora
che è pienamente pervenuta a questa unità egli desidera offrirle il meraviglioso accordo
che è frutto della condizione perfetta dell’anima, quello tra la molteplicità e l’unità,
senza che la molteplicità impedisca l’unità, né l’unità la molteplicità. Egli vuole che lei
raggiunga la parola muta del centro, che rappresenta lo stato di unità, la lode esteriore
della bocca: il che è un modello e un esempio di ciò che deve compiersi nella gloria,
quando, dopo che l’Anima sarà stata per molti secoli immersa nel silenzio ineffabile e
sempre eloquente della Divinità, riceverà il suo corpo glorioso, che offrirà una lode
tangibile al Signore. Cosicché, dopo la resurrezione, il corpo avrà la sua propria lode,
che costituirà un aumento della felicità e non un’interruzione della pace dell’Anima.
In questa vita, anche quando l’Anima è consumata nell’unità e questa unità non può
più venire interrotta dalle azioni esterne, alla bocca del corpo è data una lode che le è
conforme: e tra la parola muta dell’Anima e la parola sensibile del corpo si produce un
accordo meraviglioso, che realizza il compimento della lode. L’Anima e il corpo
pronunciano una lode conforme a ciò che sono. La lode della sola bocca non è una lode,
come Dio spiega attraverso il suo Profeta: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il
suo cuore è lontano da me (Is 29,13). La lode che proviene puramente dal fondo,
essendo una lode muta e tanto più muta quanto più è compiuta, non è una lode
interamente perfetta: infatti, essendo l’uomo composto di anima e di corpo, occorre che
entrambi vi prendano parte. La perfezione della lode consiste nel fatto che il corpo abbia
la sua, che sia tale da aumentare piuttosto che interrompere il silenzio profondo e
sempre eloquente del centro dell’Anima, e che il silenzio dell’Anima non impedisca la