Page 49 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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l’imperfezione di un altro. In passato lo Sposo si rallegrava infinitamente del fatto che la
sua Sposa non distogliesse mai lo sguardo da lui, e ora non vuole che lei lo guardi, dice
che gli sguardi della Sposa lo fanno fuggire. Ma, ecco, dal momento in cui l’Anima
incomincia a tornare al suo Dio, come un fiume alla sua sorgente, essa deve essere
completamente persa e sprofondata in lui. Occorre anche che allora lei perda la visione
consapevole di Dio e ogni conoscenza distinta, per debole che sia. Dove non c’è più
divisione né distinzione, non c’è più visione né discernimento ma una perfetta
mescolanza: di modo che in questo stato la creatura non potrebbe guardare Dio senza
vedere se stessa, e percepire nello stesso tempo le operazioni del suo amore. Ora, è
necessario che tutto ciò sia nascosto e sottratto alla sua vista, e che come un Serafino
ella abbia gli occhi bendati per non vedere mai più nulla in questa vita; con ciò si
intende non desiderare di vedere nulla e non cercare per se stessa alcuna scoperta, cosa
che l’Anima non può fare senza infedeltà; ma questo non impedisce che Dio le faccia
scoprire e comprendere ciò che gli piace. Solo il cuore resta indifeso, perché non può
amare troppo.
Quando parlo di distinzione, non mi riferisco alla distinzione di qualche perfezione
divina in Dio; questa infatti è perduta da molto tempo, dato che dai primi annullamenti
l’Anima ha solamente una visione di fede confusa e generica di Dio in sé, senza
distinzione di attributi né di perfezioni; e sebbene l’Amante abbia parlato dei pregi e
delle qualità supreme del suo Amato, ella lo ha fatto solo per conquistare le Anime,
senza che avesse bisogno per sé di alcuna di queste visioni distinte; inoltre lui le è
offerto a seconda del bisogno di parlarne o di scriverne. La distinzione di cui intendo
parlare è di Dio e dell’Anima: qui l’Anima non deve e non può più fare distinzione tra
Dio e se stessa. Dio è lei, e lei è Dio, dopo che grazie alla consumazione del matrimonio
essa è tornata in Dio, e si trova persa in lui, senza potersi distinguere, né ritrovare.
L’autentica consumazione del matrimonio opera la mescolanza dell’anima con il suo
Dio, tanto profonda e intima che l’Anima non può più distinguersi né vedersi, ed è tale
mescolanza che divinizza, per così dire, le azioni di questa creatura, giunta a uno stadio
tanto elevato e sublime quanto lui: perché esse dipendono da un principio assolutamente
divino, a causa dell’unità che si è appena stabilita tra Dio e quest’Anima fusa e tornata
in lui; infatti Dio diventa il principio delle azioni e delle parole dell’Anima, nonostante
sia lei a compierle e a pronunciarle all’esterno.
Il matrimonio dei corpi attraverso cui due persone sono una sola carne (Gn 2,24) è
solamente una debole figura di quello in cui, nei termini di san Paolo, Dio e l’Anima
sono ormai un solo spirito (1Cor 6,17). Ci si preoccupa tanto di sapere in quale
momento si compie il matrimonio spirituale, ma lo si evince facilmente da quanto è
stato detto. Il fidanzamento o le reciproche promesse si hanno nell’unione delle potenze,
quando l’Anima si dà tutta al suo Dio e il suo Dio si dà tutto a lei, con il proposito di
ammetterla alla sua unione; si tratta in quel caso di un accordo e di una promessa
reciproca. Ma, ahimè, quanto cammino vi è ancora da fare, e quanto ancora si deve
soffrire, prima che questa unione tanto desiderata venga concessa e consumata! Il
matrimonio si compie allorquando l’Anima si trova morta e spirata tra le braccia dello
Sposo, che nel vederla più pronta la accoglie nella sua unione. Ma la consumazione del
matrimonio si ha solo quando l’Anima è a tal punto mescolata, annullata e
disappropriata da potere senza limitazioni fluire tutta nel suo Dio. Allora si compie la
meravigliosa mescolanza della creatura con il suo creatore, che li riduce per così dire
all’unità seppure con una sproporzione infinita, pari a quella di una goccia d’acqua
rispetto al mare; perché, anche se è divenuta mare, essa rimane nonostante questo