Page 46 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
P. 46

sulla  Divinità.  Essa  è  inoltre  ornata  e  abbellita  di  tutte  le  perfezioni  possibili,  che
                  brillano in lei come altrettante pietre preziose.


                  15. Le sue gambe sono come colonne di marmo poggiate su basamenti d’oro. La sua
                  bellezza eguaglia quella del Libano; egli è eccellente come i cedri.

                     Tutta la parte inferiore del corpo, di cui qui si parla con il nome di gambe e di piedi
                  che le sostengono, sta a significare particolarmente la carne del Salvatore, e, data la sua
                  incorruttibilità, essa è bene indicata dal marmo. Infatti, sebbene per alcune ore abbia
                  ceduto alla morte, tuttavia stando poggiata su una base d’oro, cioè unita ipostaticamente
                  alla Divinità, non è stata ridotta alla corruzione (At 2,3): e tutto questo sacro Santuario
                  sostenuto dal verbo di Dio, che gli dona la sua incorruttibilità, durerà in eterno. La sua
                  bellezza è immensa, e tanto grande da eguagliare quella del monte Libano, che è molto
                  esteso  e  sommamente  fertile;  perché  su  di  esso  sono  piantati  tutti  i  cedri,  che
                  rappresentano i Santi. Ma sebbene tutti i Santi siano piantati in Gesù Cristo, tuttavia egli
                  è eletto come loro in quanto uomo, essendo il primo predestinato; ed è eletto per tutti gli
                  uomini, perché non vi è eletto che non sia eletto in lui e da lui; è lui ad avere meritato la
                  loro elezione, poiché tutti sono stati predestinati per essere conformi alla gloria di Gesù
                  Cristo, affinché egli sia il primogenito di molti fratelli (Rm 8,29).


                  16.  La  sua  gola  è  dolcissima;  in  una  parola  egli  è  tutto  desiderabile.  Tale  è  il  mio
                  Amato, ed è lui ch’io amo, o figlie di Gerusalemme.

                     Vi sono soggetti mediocri dei quali le lodi comuni esprimono a sufficienza i pregi,
                  ma ve ne sono di talmente al di sopra delle parole che non è possibile lodarli in modo
                  degno,  se  non  ammettendo  che  essi  sono  al  di  sopra  di  ogni  lode.  Tale  è  lo  Sposo
                  divino, che per l’eccesso delle sue perfezioni rende la Sposa muta, proprio quando lei si
                  sforza di lodarlo con maggiore intensità, così da attirare a lui i cuori e gli spiriti. La sua
                  passione fa sì che lei si lanci in alcune delle lodi che più giudicava adatte al suo Sposo;
                  ma  come  se,  ripresasi  dall’impeto  del  suo  amore,  provasse  vergogna  di  aver  voluto
                  esprimere un merito che è inspiegabile, ella si condanna a un improvviso silenzio che
                  sembra seminare il disordine nel discorso fatto sia per sfogare la sua passione che per
                  spingere le sue compagne ad amare colui del quale è tanto piena di passione. E il suo
                  silenzio è preceduto da queste due sole parole: La sua gola è dolcissima. Dato che la
                  gola serve a produrre la voce, attraverso essa lei mostra che egli è l’espressione della
                  Divinità,  e  che  per  questo,  come  Dio,  è  al  di  sopra  di  tutti  gli  attributi  e  di  tutte  le
                  qualità: se gliene si accorda qualcuna, è per adeguarsi alla debolezza della creatura che
                  non  può  spiegarsi  in  altro  modo.  Poi,  abbandonandosi  ancora  al  proprio  trasporto,
                  aggiunge: in una parola egli è tutto desiderabile. Come se dicesse: o mie compagne,
                  non credetemi per ciò che vi ho detto del mio Amato, ma desiderate di giudicarne grazie
                  alla vostra esperienza; gustate quanto lui è dolce, e poi sarete in grado di comprendere
                  la  giustizia  e  la  forza  del  mio  amore.  Inoltre,  lui  è  desiderabile  non  solo  in  quanto
                  rappresenta  il  desiderio  delle  colline  eterne  (Gn  49,26),  e  colui  che  le  Nazioni
                  desideravano  (Ag  2,22),  ma  anche  perché  ciò  a  cui  noi  dobbiamo  aspirare  è  di
                  partecipare  alle  sue  grandezze  secondo  la  nostra  debolezza,  perché  egli  può  essere
                  imitato da tutti, seppure non in tutta la sua perfezione. O figlie di Gerusalemme, quello
   41   42   43   44   45   46   47   48   49   50   51