Page 28 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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16. Il mio amato è mio, e io sono sua: egli pascola tra i gigli.

                     O gioia inestimabile di un’Anima, che è tutta e senza riserve del suo Amato e per la
                  quale l’Amato è tutto! L’Amante è così inebriata dalle bontà e le carezze che le fa il suo
                  Sposo per obbligarla a uscire da sé che crede di essere già al colmo della felicità e al più
                  alto grado della perfezione, e che il matrimonio debba ben presto essere consumato. Ella
                  dice che il suo Amato è suo per disporne come le piace, e che lei pure è tutta sua per
                  tutte le sue volontà; che lui si riposa in lei, tra i gigli della sua purezza. Lui stesso si
                  nutre delle proprie grazie e virtù, vive di innocenza e di purezza così da nutrirne noi. Ci
                  invita a mangiare con lui la carne che più  gli piace,  come dà a intendere con queste
                  parole, in un altro luogo Bevete e mangiate, amici miei; nutritevi del buon nutrimento
                  che io vi offro, e l’anima vostra, essendone pasciuta, sarà felice (Is 55,1).


                  17. Sino a quando non appaia il giorno e calino le ombre, tornate mio Amato, siate
                  simile al capriolo e al cerbiatto sulle montagne di Bether.

                     Cominciando  ad  accorgersi  di  non  vedere  più  il  Verbo,  l’Anima  crede  che  si  sia
                  solamente nascosto per una notte, o piuttosto che si sia addormentato nel suo luogo di
                  riposo. Dunque gli dice: o mio caro Sposo, poiché sono con voi sotto uno stesso tetto, e
                  poiché voi mi siete così vicino, tornate un poco da me così da permettermi di sentirvi!
                  Che io gioisca dei vostri dolci abbracci sino a quando venga il giorno e io sia più certa
                  della vostra presenza, e le ombre della fede siano dissipate dalla dolce luce della visione
                  e della gioia serena! Poi, ricordandosi dell’unione passeggera che essa ha provato altre
                  volte, gli dice: passate in fretta se desiderate, come un cerbiatto saltellante; ma che ciò
                  avvenga sulla montagna, di modo che io gioisca ancora dell’unione centrale che fu per
                  me tanto dolce e vantaggiosa allorquando voi me la faceste provare.



                  Capitolo III


                  1. Nel mio piccolo letto io ho cercato per molte notti colui che la mia anima ama. l’ho
                  cercato, e non l’ho trovato.

                     Nel vedere che io Sposo non le accorda una grazia che si aspettava, dopo avergliela
                  accordata in un momento in cui invece lei non nutriva speranza, l’Anima è provata da
                  un’assenza  tanto  dura.  Lo  cerca  nel  fondo  di  se  stessa,  che  è  il  suo  piccolo  letto,  e
                  durante  la  notte  della  fede;  ma,  ahimè,  resta  molto  sorpresa  di  non  trovarvelo  più!
                  Aveva qualche ragione di cercarlo là, perché è là che lui le si era manifestato e le aveva
                  dato il sentimento più vivo che mai avesse provato di ciò che egli è. Ma, o Amante,
                  siete ben lontana dal trovare là il vostro Sposo! Non sapete che vi ha pregato di non
                  cercarlo più in voi, ma in lui stesso? Non è più fuori di lui che lo troverete; uscite fuori
                  di  voi  al  più  presto,  per  essere  soltanto  in  lui;  e  sarà  là  che  egli  si  farà  trovare.  O
                  meraviglioso artificio dello Sposo! Quando è più pieno di passione per la sua Amata, è
                  allora  che  egli  fugge  con  più  crudeltà;  ma  è  una  crudeltà  amorosa,  senza  la  quale
                  l’Anima non uscirebbe mai da se stessa, e di conseguenza non si perderebbe mai in Dio.
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