Page 22 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
P. 22
Con queste parole lo Sposo dà a intendere il progresso della sua Amante, che al suo
cospetto è come un giglio purissimo, bellissimo e profumato, mentre le altre fanciulle,
invece di essere docili e flessibili e anziché lasciarsi condurre dal suo spirito, sono come
cespugli spinosi, che si ergono e pungono quelli che vogliono avvicinarsi. Così sono le
anime proprietarie e attaccate alla loro volontà, che non intendono lasciarsi condurre a
Dio. Tale è la sofferenza di un’Anima totalmente abbandonata al suo Dio tra quelle che
non lo sono, dato che le altre fanno tutto quel che possono per sviarla dal suo cammino.
Ma come il giglio conserva sia la sua purezza che il suo profumo in mezzo alle spine
senza venirne affatto danneggiato, così queste anime vengono protette dal loro Sposo tra
le contrarietà che sono costrette a subire da parte di quanti amano solamente dirigere se
stessi e moltiplicare le loro pratiche religiose, mancando di ogni docilità per seguire il
movimento della grazia.
3. Il mio amato sta tra i fanciulli come un albero di melo tra quelli delle foreste. Mi
sono seduta all’ombra di colui ch’io desideravo, e il suo frutto è dolce al mio palato.
Questa similitudine è molto naturale. L’Amante, nel vedersi perseguitata dalle
persone spirituali che non sono sul suo cammino, dice loro, parlando
contemporaneamente a loro e al suo Amato: quello che il melo fertile è tra gli alberi
delle foreste, il mio Amato è tra i fanciulli, cioè tra quelli, Santi del Cielo o Giusti della
terra, che sono i più graditi a Dio. Non sorprendetevi dunque se io mi sono seduta
all’ombra di lui, e se riposo sotto la sua protezione. Io sono semplicemente all’ombra
delle ali di colui del quale tanto ho desiderato il possesso; ma sebbene non sia ancora
giunta a un bene così grande, tuttavia posso dire che il suo frutto, che è la croce, il
dolore e l’abiezione, è dolce al mio palato. Non è dolce per la bocca della carne, poiché
la parte inferiore lo trova aspro e molto rozzo; ma è dolce per la bocca del cuore, dopo
ch’io l’ho mangiato, e per me, che ho il gusto del mio Amato, è preferibile a tutti gli
altri gusti.
4. Lui mi ha introdotta nella cella del vino; ha ordinato in me la carità.
L’amata del Re, lasciando il dolce intrattenimento che ha appena avuto con lui,
sembra alle sue compagne come ubriaca, e totalmente fuori di sé. E in effetti lo era,
perché, avendo bevuto il più eccellente vino dello Sposo, è come se fosse stata afferrata
dal più forte ardore. E lo era in maniera tale che, accorgendosene perfettamente lei
stessa, prega le sue compagne di non stupirsi di vederla in uno stato così straordinario.
La mia ubriachezza, dice loro, deve essermi del tutto perdonata; perché il mio Re mi ha
fatto entrare nelle sue divine stanze segrete. È là ch’egli ha disposto in me la carità. La
prima volta che mi fece una grazia così straordinaria io ero ancora così piccola che avrei
preferito la dolcezza del seno divino alla forza di questo vino eccellente; così lo Sposo
si accontentò di rivelarmi l’effetto di questo vino dandomene da bere pochissimo. Ma
oggi che la mia esperienza e la sua grazia mi hanno resa forte e meglio istruita, non
agirò più allo stesso modo: tanto abbondantemente ho bevuto il suo vino puro e forte, da
far sì che lui disponesse in me la carità.
Qual è l’ordine che Dio pone nella carità? O amore! Dio carità! Voi solo lo potete
rivelare! Egli fa in modo che l’Anima, che per un sentimento di carità pretendeva tutto