Page 17 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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Direttori, che Gesù Cristo ha effettivamente reso suoi compagni, associandoli a sé per il
governo delle Anime, ma che, non essendo morti a se stessi, né crocifissi al mondo con
Gesù Cristo, non insegnano ai loro Discepoli a fare rinuncia di sé, a crocifiggersi e a
morire in ogni cosa per vivere solamente in Dio, e affinché Gesù Cristo viva in loro. Da
ciò deriva che, poiché sia gli uni che gli altri conducono una vita eccessivamente terrena
e priva di mortificazione, anche la loro condotta è troppo umana, e di conseguenza
soggetta a errare di qua e di là e a cambiare sovente pratiche e guide, senza arrestarsi su
qualcosa di stabile. E dato che questo errore dipende dal fatto che non si consultano
sufficientemente i precetti e gli esempi di Gesù Cristo, e che non ci si rivolge
abbastanza a lui attraverso la preghiera per ottenere ciò che lui solo può accordarci,
questa Amante già molto istruita gli domanda molto insistentemente l’intelligenza della
sua parola, con la quale egli nutre le anime, e la fedeltà nel seguire i suoi esempi,
sapendo che solamente questo, sostenuto dalla grazia, può impedirle di perdersi. Si fa
troppa attenzione alle pratiche umane, seppure devote; Dio solo può insegnarci a fare la
sua volontà, perché lui solo è il nostro Dio (Sal 142 [143], 10). Ella domanda altresì al
Verbo che la conduca al Padre suo, perché lui è la via che deve condurvela. Poiché il
seno di suo Padre è il luogo in cui egli si riposa nel meriggio della sua gloria e nel pieno
giorno dell’eternità, lei aspira a perdersi in Dio con Gesù suo figlio, a starvi nascosta, e
a riposarvi per sempre. E sebbene non lo dica chiaramente lo fa sufficientemente capire
perché in seguito dice: Perché io non sia più ovunque vagabonda, quale sono stata; io
sarò là in totale quiete, non potrò più ingannarmi, e, quel che più conta, non potrò più
peccare.
7. Se non vi conoscete, o la più bella fra le donne, uscite e venite avanti sulle tracce dei
greggi, e pascolate i vostri capretti presso le tende dei Pastori.
Lo Sposo risponde alla sua Amante, e per disporla alle grazie che vuole offrirle, così
come per insegnarle a utilizzare bene quelle che ha già ricevuto, le dà un ottimo
consiglio: Se voi non vi conoscete, le dice, uscite. Egli intende dire che lei non saprà
conoscere il divino oggetto del suo amore, nonostante lo desideri tanto ardentemente, se
non conosce anche se stessa, perché il nulla della creatura aiuta a. conoscere il Tutto di
Dio. Ma poiché è in questo Tutto di Dio che si trova la luce necessaria per scoprire
l’abisso del nulla della creatura, le ordina di uscire. E da dove? Da se stessa. Come?
Attraverso la rinuncia e la fedeltà nel procedere in ogni cosa senza concedersi alcuna
soddisfazione naturale, e senza trarre forza vitale né da sé né da nulla di creato. E per
andare dove? Al fine di entrare in Dio, grazie a un perfetto abbandono di se stessa; nel
quale, avendo scoperto che egli è tutto in tutte le cose (Col 1,17), ella vede di
conseguenza il proprio nulla, e quello di tutte le creature. Ora, il nulla non merita alcuna
considerazione, perché non ha alcun bene; neppure merita alcun amore, perché non è
niente. Al contrario, esso è degno solamente di disprezzo e di odio, a causa della stima
di sé e dell’amore di se stessi, assolutamente opposto a Dio, che il peccato vi ha
introdotto. Occorre dunque che la creatura che aspira all’unione divina, essendo
completamente persuasa del Tutto di Dio e del proprio nulla, esca da sé non avendo che
disprezzo e odio per se stessa, così da riservare a Dio tutta la sua stima e il suo amore; e
sarà in tal modo ammessa alla sua unione. Tale uscita da se stessi, mediante la rinuncia
continua di ogni interesse proprio, è l’esercizio interiore che l’Amante celeste consiglia
alle Anime che sospirano dopo il bacio della bocca, come egli fa capire alla sua Amante