Page 16 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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voialtre mie compagne che ancora non siete giunte tanto avanti nell’interiore, voi che
                  siete  soltanto  sui  primi  passi  del  cammino  Spirituale,  non  giudicatemi  per  il  colore
                  bruno che porto al di fuori, né per tutti i miei difetti esteriori, reali o apparenti; perché
                  ciò non è dovuto, come nel caso delle anime principianti, alla mancanza di amore e di
                  coraggio;  ma  è  il  mio  divino  Sole,  con  i  suoi  continui  sguardi,  brucianti  e  pieni  di
                  ardore, che mi ha scolorata. Egli mi ha tolto il colore naturale, per lasciarmi soltanto
                  quello  che  il  suo  ardore  vuole  darmi.  È  la  forza  dell’amore,  e  non  la  sua  assenza,  a
                  seccarmi la pelle  e a scurirla.  Questa nerezza è un progresso,  non un difetto,  ma un
                  progresso che voi non dovete considerare, voi che ancora siete giovani, e troppo tenere
                  per imitarlo. Perché la nerezza che voi dareste a voi stesse sarebbe un difetto: per essere
                  appropriata, essa non deve giungere che dal Sole della Giustizia, che per la sua gloria e
                  per il maggior bene dell’anima mangia e divora il colore splendente dell’esteriore che
                  accecava lei stessa, nonostante la rendesse degna di ammirazione agli occhi degli altri, a
                  svantaggio della gloria dello Sposo.
                     I miei fratelli, vedendomi così bruna, hanno voluto costringermi a riprendere la vita
                  attiva,  e  a  sorvegliare  l’esteriore  senza  che  mi  occupassi  di  far  morire  le  passioni
                  dell’interiore. A lungo ho combattuto con loro; ma alla fine, non potendo resistere loro,
                  ho  fatto  quel  che  hanno  voluto,  e  interessandomi  all’esteriore,  a  cose  che  non  mi
                  appartengono, non ho custodito la mia vigna, che è la mia profondità, dove il mio Dio
                  abita. È là la mia sola occupazione, e la sola vigna ch’io devo curare: e nel momento in
                  cui non ho più curato la mia, nel momento in cui non mi sono resa attenta al mio Dio,
                  ancor  meno  io  ho  custodito  le  altre.  È  il tormento  che  solitamente  viene  inflitto  alle
                  anime quando ci si accorge che l’occuparsi intensamente dell’interiore fa trascurare in
                  qualcosa l’esteriore, e che a causa di ciò l’anima, tutta rinchiusa in se stessa, non può
                  più applicarsi a certi piccoli difetti che lo Sposo correggerà in un altro momento.


                  6. Insegnatemi, o voi che la mia anima ama, dove pascolate il vostro gregge, dove vi
                  riposate al meriggio, così che io non incominci a vagabondare dietro i greggi dei vostri
                  compagni.

                     O voi che la mia anima ama, dice questa povera Amante costretta ad astenersi dalla
                  dolce occupazione dell’interiore per interessarsi all’esteriore, a cose indegne; o voi che
                  io  tanto più amo, quanto più  mi  sento  ostacolata nel  mio amore! Ahimè,  mostratemi
                  dove pascolate il vostro gregge  e con quale  cibo sfamate le anime,  davvero felici  di
                  essere sotto la vostra guida! Noi sappiamo che nel tempo in cui siete stato sulla terra,
                  vostro cibo era di fare la volontà di vostro Padre (Gv 4,34); e ora vostro nutrimento è
                  che i vostri amici facciano la vostra volontà. Voi stesso inoltre conducete al pascolo le
                  vostre Amanti, svelando loro le vostre infinite perfezioni affinché esse vi  amino con
                  maggior  ardore:  e  quanto  più  voi  vi  manifestate  a  loro,  tanto  più  loro  chiedono  di
                  conoscervi, così da potervi amare sempre di più.
                     Ditemi anche, aggiunge l’Amante, dove vi riposate al meriggio! Con tale immagine
                  ella esprime l’ardore della pura carità, desiderando apprendere da colui che ne è l’autore
                  e il sovrano in che cosa essa consiste; nel timore che, abbandonandosi per accidente a
                  qualche condotta umana, seppure coperta dal manto della spiritualità, non si inganni, e
                  soddisfi l’amor proprio mentre pensava di non riproporsi altro che il puro amore e la
                  sola  lode  di  Dio.  Giustamente  ella  teme  un  errore  carico  di  conseguenze,  fin  troppo
                  frequente tra i greggi della Chiesa: quello che si verifica quando questi sono guidati da
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