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quello che potevano vedere e per mezzo del quale venivano guidati a quella luce
interiore. Ora questo abito non appartiene alla prima classe, perché la natura
umana, restando se stessa, non ha alterato la natura divina; né alla seconda, perché
l’uomo non ha cambiato Dio, e non è stato cambiato da lui; né alla quarta, poiché
l’umanità non è stata così assunta da mutare Dio o da essere mutata da lui.
Appartiene invece alla terza: l’umanità è stata assunta in modo da essere cambiata
in meglio e da lui trasformata in una forma ineffabilmente più eccellente e più
intima del vestito indossato dall’uomo. L’Apostolo col termine abito ha dunque
espresso a sufficienza il senso di ciò che ha detto: Divenendo simile agli uomini, non
perché si è trasformato in un uomo ma perché, quando si è rivestito dell’umanità,
ha preso la condizione umana, che egli, unendo a sé e conformandola in un certo
modo, ha associato all’immortalità e all’eternità. Ora l’abito, che consiste
nell’acquisizione della sapienza e della scienza, in greco si dice ; quest’altro
invece, per cui diciamo che uno è vestito o armato, si dice piuttosto sch`ma. Da qui
si comprende che l’Apostolo parlava di abito in questo senso: nei testi greci è
scritto: e noi in latino abbiamo habitus. Con questo termine si deve
intendere che il Verbo non si è mutato assumendo l’umanità, come non mutano le
membra quando indossano un vestito, sebbene a questa assunzione abbia unito in
modo ineffabile quello che veniva assunto a colui che l’assumeva. Ma per quanto
le parole umane possano applicarsi a cose ineffabili, perché non si ritenga che Dio
si sia mutato assumendo la fragilità umana, per esprimere questa assunzione si è
scelto il termine greco: e il latino: habitus.
74. - SUL TESTO DELLA LETTERA DI PAOLO AI COLOSSESI:
In LUI ABBIAMO LA REDENZIONE E LA REMISSIONE DEI PECCATI,
EGLI È IMMAGINE DEL DIO INVISIBILE
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Bisogna distinguere immagine, uguaglianza e somiglianza: dove c’è immagine c’è
immediatamente somiglianza, non necessariamente uguaglianza; dove c’è
uguaglianza c’è anche somiglianza, non necessariamente immagine; dove c’è
somiglianza non necessariamente c’è immagine e uguaglianza. L’immagine
comporta necessariamente la somiglianza ma non l’uguaglianza: nello specchio, ad
esempio, c’è l’immagine dell’uomo, perché vi si riflette; c’è anche necessariamente
la somiglianza, non però l’uguaglianza, perché all’immagine mancano molti
elementi che invece appartengono alla realtà da cui è prodotta. L’uguaglianza
comporta senz’altro la somiglianza, non necessariamente l’immagine; ad esempio,
in due uova identiche, poiché c’è uguaglianza c’è anche somiglianza. Tutto ciò che
è in uno si trova anche nell’altro. Non c’è però l’immagine, perché uno non è il
riflesso dell’altro. La somiglianza non comporta affatto immagine e uguaglianza;
ogni uovo, infatti, in quanto uovo, è simile ad ogni altro uovo, ma l’uovo di
pernice, sebbene come uovo sia simile all’uovo di gallina, non è tuttavia sua
immagine, perché non è stato tratto da quello; non è uguale, perché è più piccolo e
di un’altra specie animale. Ma quando si dice: non necessariamente, si intende
evidentemente che talvolta può capitare. Ci può essere dunque un’immagine in cui
c’è anche uguaglianza. Tra genitori e figli, ad esempio, si troverebbe immagine,