Page 69 - 83 Questioni diverse
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attualmente, durante questa vita, mentre cioè siamo in via, portiamo a vicenda i
                  nostri pesi per poter arrivare a quella vita priva di ogni peso. Come hanno scritto
                  alcuni studiosi di tali materie riguardo ai cervi : quando [questi animali] guadano
                  un corso d’acqua verso un’isola alla ricerca di pascoli, si allineano in modo da
                  porre gli uni sugli altri il peso delle loro teste, appesantite dalle corna, cosicché
                  quello che segue, allungando il collo, posa la testa sul precedente. E poiché è
                  necessario  che  uno  preceda  gli altri, senza avere  nessuno  davanti  a sé  su cui
                  appoggiare la testa, si dice che facciano a turno: chi precede, affaticato dal peso
                  della testa, retrocede all’ultimo posto e gli succede quello di cui sosteneva la testa,
                  quando esso guidava [il branco]. E così, portando a vicenda i loro pesi, passano il
                  guado fino a raggiungere la terraferma. Salomone alludeva forse alla natura dei
                  cervi, quando diceva: L’amabile cervo e la gazzella graziosa s’intrattengano con te  .
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                  Niente dimostra tanto bene l’amicizia quanto il portare il peso dell’amico.

                  2. Non porteremmo tuttavia vicendevolmente i nostri pesi se quelli che portano i
                  propri pesi fossero contemporaneamente soggetti alla malattia o allo stesso genere
                  di malattia. Ma tempi diversi e diversi generi di infermità ci permettono di portare
                  a vicenda i nostri pesi. Sopporterai, ad esempio, l’ira del fratello, se non ti adiri
                  contro di lui, e viceversa, quando tu sarai preso dall’ira, egli ti sopporterà con
                  dolcezza  e  serenità.  Questo  esempio  fa  al  caso  di  coloro  che  portano
                  vicendevolmente i pesi in tempi diversi, sebbene l’infermità sia la stessa. Entrambi
                  infatti sopportano l’ira vicendevole. Consideriamo invece un altro esempio che
                  riguarda un diverso genere d’infermità. Se uno è riuscito a vincere la propria
                  loquacità, ma non ancora l’ostinazione, mentre l’altro è tuttora loquace, ma non
                  più ostinato, il primo deve sopportare con carità la loquacità del secondo e questi
                  l’ostinazione  del  primo,  finché  il  difetto  dell’uno  e  dell’altro  sia  guarito  in
                  entrambi.  È  certo  che  se  l’identica  infermità  si  riscontrasse  in  tutti  e  due
                  contemporaneamente, essi non sarebbero capaci di sopportarsi vicendevolmente,
                  perché si rivolgerebbe contro loro stessi. Invece due persone adirate  possono
                  accordarsi  e  sopportarsi  contro  una  terza,  sebbene  non  si  debba  dire  che  si
                  sopportano  ma piuttosto che si consolano a vicenda. Così anche due persone
                  afflitte per lo stesso motivo si aiutano e in qualche modo si appoggiano l’una
                  all’altra molto più che se una fosse afflitta e l’altra lieta; se invece fossero tristi
                  l’una  contro  l’altra,  non  potrebbero  affatto  sopportarsi.  In  tali  situazioni  è
                  opportuno pertanto condividere alquanto la stessa infermità da cui vuoi liberare
                  l’altro col tuo aiuto. Bisogna condividerla per aiutare l’altro non per equiparare la
                  miseria,  come  fa  colui  che  si  china a porgere  la mano a chi  è a terra. Non si
                  prosterna infatti per rimanere entrambi a terra, ma si curva soltanto per sollevare
                  chi è a terra.

                  3. Nessun motivo permette di compiere  tanto generosamente questo compito
                  gravoso di portare i pesi degli altri, quanto il pensiero di ciò che ha sopportato il
                  Signore per noi. Per questo l’Apostolo ci ammonisce con le parole: Abbiate in voi gli
                  stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non
                  considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la
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