Page 56 - 83 Questioni diverse
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anche alla sua gloria  . Penso che egli voglia dire proprio questo quando afferma: La
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                  creazione stessa attende infatti la rivelazione dei figli di Dio  . Infatti quello che in noi
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                  prova sofferenza, quando mortifichiamo le opere della carne, cioè quando per
                  l’astinenza sentiamo la fame e la sete, quando con la castità freniamo il piacere
                  sessuale, quando con la pazienza sopportiamo le ingiurie laceranti e le spine degli
                  oltraggi, quando, trascurati e respinti i nostri comodi, ci affatichiamo per il bene
                  della madre Chiesa: tutto ciò che in noi, in questa e in altre tribolazioni, prova
                  sofferenza, è creatura. Soffrono infatti il corpo e l’anima, che sono certamente
                  creature, e attendono la rivelazione dei figli di Dio; aspettano cioè il momento in
                  cui quello che è stato chiamato appaia nella gloria a cui è stato chiamato. Infatti il
                  Figlio unigenito di Dio non può essere chiamato creatura, dal momento che per
                  suo  mezzo  è  stato  fatto  tutto  ciò  che  Dio  ha  fatto.  Anche  noi  con  opportuna
                  distinzione siamo chiamati sia creatura, prima della manifestazione della gloria,
                  che figli di Dio, sebbene questo sia merito di adozione, perché solo l’Unigenito è
                  Figlio per natura. Dunque l’attesa della creazione, cioè la nostra aspettativa, attende la
                  rivelazione dei figli di Dio  ; aspetta cioè il momento in cui appaia quanto è stato
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                  promesso, quando si manifesterà nella realtà ciò che ora noi siamo nella speranza.
                  Noi siamo infatti figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però
                  che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come
                  egli è  . Questa è la rivelazione dei figli di Dio, che ora la creazione aspetta con
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                  impazienza. La creazione non attende la rivelazione di un’altra natura, che non sia
                  creatura; ma essa, com’è al presente, aspetta il momento di diventare quello che
                  sarà. Allo stesso modo si potrebbe dire di un pittore, munito dei colori appropriati
                  per il suo quadro, che i colori aspettano la realizzazione dell’immagine; non nel
                  senso che ora sono una cosa, o non saranno colori, ma solo che avranno un’altra
                  dignità.

                  3. La creazione infatti - dice l’Apostolo - è stata sottomessa alla vanità  , secondo il
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                  detto: Vanità delle vanità e tutto è vanità. Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno
                  per cui fatica sotto il sole?   A lui è stato detto: Mangerai il pane con fatica  . La
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                  creazione è stata dunque sottomessa alla vanità non per suo volere  . Opportunamente
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                  è stato aggiunto: non per suo volere, perché l’uomo ha volontariamente peccato, ma
                  è stato condannato contro il suo volere. Il peccato è stato dunque spontaneo: agire
                  contro il precetto della verità; pena del peccato è stato invece cedere all’inganno.
                  Dunque la creazione non è stata sottomessa spontaneamente alla vanità, ma per
                  volere di  colui  che l’ha sottomessa nella speranza  ; in vista cioè della giustizia e
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                  clemenza di colui che non ha lasciato impunito il peccato e non ha voluto che il
                  peccatore non fosse guarito.

                  4. Perché anche la stessa creatura  , cioè l’uomo stesso, che, avendo perduto a causa
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                  del peccato l’impronta dell’immagine, è rimasto semplice creatura: dunque anche la
                  stessa creatura, quella stessa cioè che non è ancora chiamata forma perfetta dei figli,
                  ma solo creatura, sarà liberata dalla schiavitù della morte  . Perciò quando dice:
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                  anch’essa sarà liberata, fa capire anch’essa come anche noi, vale a dire: non si deve
                  disperare di coloro i quali, perché non hanno ancora creduto, non sono ancora
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