Page 51 - 83 Questioni diverse
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sua utilità: che l’anima si senta incapace di svincolarsi dalla schiavitù del peccato e
così, sbollito ed estinto ogni orgoglio, si sottometta al suo Liberatore e l’uomo dica
in sincerità: A te si stringe l’anima mia ; e così non è più sotto la legge del peccato
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ma nella legge della giustizia. Ora si dice legge di peccato non perché la stessa
legge è peccato ma perché è imposta ai peccatori. Per questo si dice anche legge di
morte, perché la morte è il salario del peccato , il pungiglione della morte è il peccato e la
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forza del peccato è la legge . Col peccato precipitiamo infatti nella morte. E noi
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pecchiamo più gravemente quando c’è la proibizione della legge, che se non ci
fosse alcun divieto della legge. Ma con l’aiuto della grazia noi adempiamo senza
fatica e con grande piacere le stesse onerose prescrizioni della legge. La legge
dunque del peccato e della morte, cioè quella che è stata imposta a coloro che
peccano e muoiono, comanda soltanto di non desiderare il male e tuttavia noi lo
desideriamo. Invece la legge dello spirito e della vita, che appartiene alla grazia e
libera dalla legge del peccato e della morte, ci concede di non desiderare il male e
di osservare i precetti della legge, non già per timore come schiavi della legge, ma
per amore come amici e servi della giustizia, da cui quella legge proviene. Bisogna
infatti servire la giustizia con spirito di libertà e non di schiavitù, cioè più per
amore che per timore. Per questo è detto in tutta verità: Togliamo dunque ogni valore
alla legge mediante la fede? Niente affatto, anzi confermiamo la legge . La fede infatti
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opera ciò che la legge comanda. La legge è dunque confermata dalla fede; se non
c’è la fede, la legge prescrive solamente e rende colpevoli quelli che non osservano
i comandi, al fine di convertire finalmente alla grazia del Liberatore coloro che
gemono nell’incapacità di adempiere quanto è stato comandato.
2. Quando dunque in quel paragone scorgiamo tre cose: la donna, l’uomo e la
legge, e di nuovo tre in questo caso, a cui si riferiva il paragone: l’anima, il peccato
e la legge del peccato; qui c’è un’unica differenza, che in quel paragone il marito
muore, sicché la donna può sposare chi vuole ed è libera dalla legge del marito; qui
invece l’anima stessa muore al peccato per unirsi a Cristo. Morendo al peccato
muore anche alla legge del peccato. Alla stessa maniera - prosegue - fratelli miei,
anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete morti alla legge, per appartenere ad un altro, a
colui che è risorto dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo
nella carne, cioè, egli dice, eravamo schiavi dei desideri carnali, le passioni
peccaminose, stimolate dalla legge, agivano nelle nostre membra al fine di portare frutto per
la morte . Dove mancava la fede, si è accresciuta la concupiscenza vietata dalla
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legge e al cumulo dei peccati si è aggiunto il crimine della trasgressione, perché
dove non c’è legge, non c’è nemmeno trasgressione . Sono queste passioni, egli dice,
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stimolate dalla legge, che operavano nelle nostre membra, al fine di produrre
frutto di morte. L’anima, prima dell’avvento della grazia per mezzo della fede, si
trovava sotto queste passioni, come sotto il dominio del marito. Chi ormai serve
interiormente la legge di Dio muore a queste passioni, sebbene le stesse passioni
non siano ancora morte, finché per la condizione carnale è schiavo della legge del
peccato. A chi è sotto la grazia resta dunque ancora qualcosa che, pur non
vincendolo né tenendolo prigioniero, finché non sia morto del tutto ciò che è stato
rafforzato da una cattiva abitudine, fa conseguentemente dire che anche ora è un