Page 17 - 83 Questioni diverse
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cose che non sono da amarsi, come la bellezza fisica, ma anche tra quelle da amarsi,
                  come la felicità, e poiché si può possedere una cosa anche senza amarla, come i
                  ceppi  ai  piedi,  è  giusto  domandarsi  se  qualcuno  può  non  amare,  quando  la
                  possiede, cioè la conosce, una cosa per cui possedere e conoscere s’identificano. Ma
                  poiché vediamo alcuni che, ad esempio, imparano i numeri solo per diventare
                  ricchi o piacere agli uomini grazie a questa scienza e, una volta appresa, ad essa
                  riferiscono quello stesso scopo che si erano prefissi quando li imparavano - per
                  nessuna scienza il conoscere è diverso dal possedere - può succedere che qualcuno
                  possegga qualcosa per cui conoscere e avere sono tutt’uno e tuttavia non la ami,
                  sebbene non sia possibile possedere e conoscere perfettamente un bene che non si
                  ama. Chi può infatti apprezzare la grandezza di un bene di cui non gode? E non ne
                  gode, se non l’ama. Chi non ama, non possiede dunque ciò che si deve amare,
                  anche se chi non possiede può amare. Pertanto nessuno che conosce la vita beata è
                  infelice, perché, se si deve amarla, com’è giusto, conoscerla è uguale a possederla.

                  2.  Stando  così  le  cose,  che  cos’è  la  vita  beata  se  non  possedere,  mediante  la
                  conoscenza, qualcosa di eterno? Eterno infatti è solo ciò di cui si è fermamente
                  convinti che non può essere tolto a chi l’ama; l’eterno poi è lo stesso di possedere e
                  conoscere. L’eternità è la più eccellente di tutte le cose, e perciò non possiamo
                  averla se non per mezzo della facoltà che ci rende superiori, cioè la mente. Ora ciò
                  che  si  possiede  con  la  mente  si  ha  conoscendolo, e  nessun bene  è  conosciuto
                  perfettamente se non si ama perfettamente. Ma come la mente da sola non può
                  conoscere,  così  da  sola  non  può  amare.  L’amore  infatti  è  una  tensione  e  noi
                  vediamo che anche nelle altre parti dell’animo c’è un appetito il quale, se è in
                  accordo con la mente e la ragione, permetterà di contemplare con la mente, in
                  questa pace e tranquillità, ciò che è eterno. L’animo deve quindi amare anche con
                  le altre sue parti questo bene così grande che bisogna conoscere con la mente. E
                  poiché  l’oggetto  amato  configura  necessariamente  di  sé  il  soggetto  che  ama,
                  avviene che l’eterno, amato così, renda eterna l’anima. Di conseguenza la vita
                  beata è in definitiva la vita eterna. Ma qual è il bene eterno, che rende eterna
                  l’anima, se non Dio? Ora l’amore delle cose da amarsi si chiama più propriamente
                  carità o dilezione. Per questo bisogna considerare con tutte le forze della mente
                  quel precetto tanto salutare: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta
                  la tua anima e con tutta la tua mente  , e ciò che ha detto il Signore Gesù: Questa è la
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                  vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo  .
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                                          36. - OCCORRE ALIMENTARE LA CARITÀ

                  1. Chiamo carità l’amore delle cose che non sono spregevoli agli occhi di chi le
                  ama. Esse sono l’eternità e colui che può amare la stessa eternità. L’amore fra Dio e
                  l’animo,  si  chiama  giustamente  carità  purissima  e  perfetta,  se  non  si  ama
                  nient’altro;  ci  piace  chiamarla  anche  dilezione.  Ma  quando  Dio  è  amato  più
                  dell’anima, sicché l’uomo preferisce essere di Dio piuttosto che di se stesso, allora
                  ha veramente a cuore e in sommo grado l’anima e di conseguenza il corpo, che
                  curiamo spinti non da qualche istinto, ma prendendo solo ciò che è disponibile e
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