Page 13 - Utilità del Credere
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6. 13. Chiamo a testimonio, o Onorato, la mia coscienza e Dio che abita nei
                  cuori puri, del fatto che non giudico nulla più saggio, più virtuoso, più
                  religioso dell’insieme di quelle Scritture, che la Chiesa cattolica conserva con
                  il nome di Vecchio Testamento. Ciò ti meraviglia, lo so; non posso infatti
                  nascondere che ci eravamo formati ben altre convinzioni. Ma, senza dubbio,
                  non c’è niente di più temerario (e noi allora, come veri bambini, lo siamo
                  stati) del non tener conto degli interpreti di un libro, i quali professano di
                  conoscerlo bene e di poterlo trasmettere ai loro discepoli, e di chiederne il
                  senso a coloro che, indotti da non so qual motivo, hanno dichiarato una
                  guerra durissima contro coloro che li hanno composti e scritti. Per parlare di
                  quelle  discipline  nelle  quali  forse  il  lettore  può  cadere  in  errore  senza
                  sacrilegio, chi ha mai pensato di farsi spiegare i libri inaccessibili ed oscuri di
                  Aristotele dal suo avversario? E ancora: chi, per leggere o studiare i trattati
                  di geometria di Archimede, ha preso per maestro Epicuro che vi dissertava
                  contro  con  molta  ostinazione,  senza  peraltro  capirci  niente,  per  quanto
                  credo? Sono forse chiarissimi questi libri della legge, contro i quali costoro
                  danno l’assalto - invero senza alcun profitto - come se fossero accessibili a
                  tutti? Essi mi sembrano simili a quella donnicciola che sono soliti deridere:
                  adirata perché una donna manichea le lodava il sole e le raccomandava di
                  adorarlo, ella, nella semplicità della sua religiosità, saltò su con impeto e,
                  percuotendo  ripetutamente  con  il  piede  il  luogo  illuminato  dal  sole
                  attraverso la finestra, cominciò a gridare in modo del tutto stolto e - chi lo
                  nega? - da donnicciola: “ Ecco io calpesto il sole e il tuo dio ”. Non ti sembra
                  che  siano  come  lei  coloro  che  ritengono  di  giovare  a  qualcosa,  perché
                  persone sprovvedute li applaudono, quando screditano con discorsi pieni di
                  impeto e con ingiurie scritti di cui non conoscono o la ragion d’essere o, in
                  generale, il carattere, libri che, sebbene simili a quelli alla portata di tutti,
                  tuttavia sono penetranti e divini per chi li sa comprendere? Quanto c’è in
                  quelle Scritture, credimi, è profondo e divino: vi si trova la pura verità e una
                  dottrina adattissima a ricreare e a rinnovare gli animi e così chiaramente
                  predisposta  che  non  c’è  nessuno  che  non  possa  trarne  ciò  che  gli  è
                  sufficiente, purché vi si accosti con devozione e pietà, come richiede la vera
                  religione. Per provartelo sarebbero necessari molti argomenti e un discorso
                  più lungo. Con te, infatti, dapprima bisogna far sì che non odî quegli autori,
                  poi  che  li  ami;  e  a  tale  scopo  si  deve  ricorrere  a  qualsiasi  altro  mezzo
                  piuttosto che esporre il loro pensiero e i loro scritti. Perché, se avessimo
                  detestato Virgilio, anzi, se non lo avessimo amato prima di averlo capito,
                  come raccomandavano i nostri padri, per noi non ci sarebbero mai state
                  risposte soddisfacenti intorno a quelle innumerevoli questioni che il suo
                  testo  pone  e  per  le  quali  sono  soliti  turbarsi  e  agitarsi  i  grammatici,  né
                  avremmo ascoltato volentieri coloro che, lodandolo, le risolvevano; invece
                  avremmo  rivolto  il  nostro  favore  a  coloro  che,  attraverso  tali  questioni,
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