Page 77 - Rationale Divinorum Officiorum
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goli  della  cavità,  o  sepolcro,  destinata  a  contenere  le  reliquie,  le  quali,
                  prima  di  esservi  deposte,  sono  poste  in  una  custodia  con  tre  grani
                  d’incenso. Si pone allora un coperchio sul sepolcro il cui centro è rinforza-
                  to dal segno potente della salvezza. La pietra o tavola è allora sistemata
                  sull’altare e unta di olio in cinque punti, e poi di crema santa. L’altare è
                  confermato al fronte con il santo crisma applicato in forma di croce, e vi si
                  brucia  sopra  dell’incenso  in  cinque  punti.  Si  finisce  la  cerimonia  rico-
                  prendo l’altare di nappe bianche, e il santo sacrificio inizia. Ora seguiamo
                  in dettaglio ciascuna delle cerimonie, per coglierne il senso simbolico.
                  Innanzitutto  l’altare  è  consacrato  dalle  unzioni  del  santo  crisma  e  dalle
                  preghiere che le accompagnano; questo altare inoltre deve essere costrui-
                  to interamente in pietra. Il vescovo, rimanendo in piedi, inizia con queste
                  parole:  «Signore,  affrettati  a  soccorrerci»,  avendo  il  Signore  stesso  detto:
                  «Senza di me voi non potete niente». Questi riti diversi significano che coloro
                  che  hanno  ricevuto  la  fede  devono  essere  battezzati  per  prepararsi  alla
                  battaglia, perché essi devono combattere e lottare contro le  difficoltà di
                  questo mondo. L’alleluia è omesso, perché coloro che non hanno ricevuto
                  il battesimo non sono degni di aggiungersi al concerto degli angeli, né di
                  prendere parte a questo «alleluia che si farà sentire in ogni strada della Geru-
                  salemme celeste».  Questo canto di allegria è  riservato alla fine della ceri-
                  monia della dedicazione, allorché i demoni sono in fuga e Dio è lodato
                  nel suo tempio; il Cristo infatti, avvicinandosi all’altare della sua croce e
                  prima di manifestare la gloria della sua eternità, ha pagato il suo debito
                  con la morte, e non è che dopo la sua resurrezione che l’alleluia fu intona-
                  to.
                  Gli esorcismi che accompagnano la benedizione dell’acqua hanno la virtù
                  di cacciare il nemico della nostra salvezza. Quattro cose sono indispensa-
                  bili per questa cerimonia: l’acqua, il vino, il sale e le ceneri. Eccone le ra-
                  gioni. Prima di tutto esistono quattro modi di cacciare lo spirito tentatore:
                  il primo consiste nelle lacrime della contrizione rappresentate dall’acqua,
                  il secondo nella cura dell’anima, raffigurata dal vino il terzo, è la discre-
                  zione di cui il sale è l’emblema; il quarto, l’umiltà profonda, rappresenta-
                  ta dalle ceneri. La Scrittura dice parlando degli abitanti di Ninive: «Il loro
                  re si alzò dal trono, si rivestì di un cilicio e si distese sulla cenere».
                  E Abramo si scusa di parlare al Signore, perché egli non è che  «cenere e
                  polvere».
                  In un certo senso, l’acqua è intesa come il popolo o il genere umano; le
                  grandi  acque  sono  le  nazioni  numerose,  il  vino  è  Dio,  il  sale  è

                  l’insegnamento della legge divina; le ceneri sono il memoriale della pas-
                  sione del Salvatore e il vino mescolato all’acqua significa l’Uomo-Dio.
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