Page 32 - Rationale Divinorum Officiorum
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dall’altra il male; così capita che lo stesso uomo edifichi e distrugga. Ma
                  noi dividiamo bene, quando non attribuiamo a noi stessi, ma a Dio solo; il
                  bene che facciamo.

                  VIII. DELLA TAVOLA DEL BANCHETTO

                  Occorre inoltre che l’uomo abbia una tavola dove prendere i pani della
                  parola di Dio, e per tavola noi intendiamo la sacra Scrittura, di cui il Sal-
                  mista scrive: «Tu hai preparato innanzi a me la mensa perché io resista a coloro
                  che mi assediano», ossia «Mi hai dato la Scrittura contro le tentazioni del demo-
                  nio». È necessario che noi possediamo questa tavola, in altre parole che la
                  poniamo  nella  nostra  anima,  per  mangiarvi  i  pani  della  parola  di  Dio.
                  Parlando della carestia di questi pani Geremia dice: «I fanciulli hanno chie-
                  sto del pane, ma non c’era nessuno che poteva darne loro». All’uomo serve an-
                  che un candeliere, per rilucere attraverso le sue buone opere.

                  IX. DEL CANDELIERE E DELLA LUCERNA

                  Il candeliere che brilla fuori, è la buona opera la cui fiamma accende la
                  fiaccola degli altri attraverso il buon esempio; è  detto: «Nessuno accende
                  una lucerna, e non la mette sotto il moggio, ma su di un candeliere». La lucerna,
                  secondo la parola del Signore, è la buona intenzione, giacché Cristo dice:
                  «La  lucerna,  è  il  tuo  occhio»  (Sal  22,  Lam  4,  Lc  11),  e  l’occhio  è
                  l’intenzione. Non dobbiamo quindi mettere la lucerna sul moggio, ma su
                  di un candeliere, perché se noi abbiamo una buona intenzione non dob-
                  biamo nasconderla, ma produrre alla luce, e dare come esempio la buona
                  opera agli altri uomini.

                  X. DELLA REGOLA DI VITA

                  Occorre inoltre che l’uomo possieda un’arca (arca), che è così chiamata da
                  (arcendo), respingere e cacciare. Perciò l’Arca può essere intesa come la di-
                  sciplina o la vita regolare, con la quale noi cacciamo i peccati lontano da
                  noi. Nell’arca dunque si trovano la verga, la tavola e la manna, per mo-
                  strare che nella vita regolare si deve avere la verga della correzione per
                  castigare la carne, e la tavola dell’amore, per amare Dio. Sulle tavole sono
                  scritti i comandamenti che si riferiscono all’amore di Dio; ci deve essere
                  anche la manna dell’ineffabile e prima dolcezza di Dio, per farci gustare e

                  per mostrarci quanto Dio sia soave al gusto e quanto il suo commercio sia
                  buono, secondo questo proverbio della femmina forte: «Il suo sposo ha gu-
                  stato e ha visto che ella era buona». Per essere dunque il tempio di Dio, dob-
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