Page 31 - Rationale Divinorum Officiorum
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il Deuteronomio come simbolo del patto, con il quale il popolo ha detto:
«Noi faremo tutto quello che il Signore ci dirà». Per questo motivo l’arca fu
chiamata Arca della Testimonianza o del Testamento, e sempre a causa di
ciò il tabernacolo fu a sua volta chiamato il Tabernacolo della Testimo-
nianza. Venne dunque fatto un propiziatorio o copertura sull’Arca. Ad
imitazione di ciò in certune chiese si pone sull’altare un’arca o un taber-
nacolo nel quale si depone il corpo del Signore o le reliquie dei santi. Il
Signore ordinò anche di costruire un candelabro a bracci fabbricato d’un
sol pezzo, fatto di un oro purissimo. È scritto nel terzo Libro dei Re che
nell’Arca dell’alleanza non si trovano altre cose all’infuori delle due tavo-
le di pietra che vi depose Mosè, quando sul monte Oreb il Signore fece
l’alleanza con i figli d’Israele, dopo l’uscita dalla terra d’Egitto.
VI. DEL CONTENUTO DELL’ARCA
È da notare che, sin dal tempo di Papa Silvestro, l’imperatore Costantino
edificò la basilica di Laterano, nella quale pose l’Arca del Testamento che
l’imperatore Tito aveva portato con sé da Gerusalemme e vi unì il cande-
liere d’oro con le sette fiamme sospese ai suoi bracci. In quest’arca si tro-
vano le seguenti cose: gli anelli e i bastoni dorati, le tavole della testimo-
nianza e la verga di Aronne, la manna, i pani d’orzo, l’urna d’oro, la veste
senza cuciture e la canna, il vestito di San Giovanni Battista e le tenaglie
con cui fu tormentato san Giovanni evangelista.
VII. DELL’INTERNO DEL TEMPIO, DEL CUORE E DEL SACRIFICIO
Ora, un uomo è certamente il tempio di Dio, e possiede anch’esso al suo
interno un altare, una tavola, un candeliere e l’arca del Signore. Occorre
infatti che egli possieda un altare dove offrire con animo retto e dove di-
videre con giustizia. L’altare è il nostro cuore nel quale dobbiamo offrire e
sacrificare a Dio, ed ecco perché (Es 20) il Signore ordinò di offrire gli olo-
causti sull’altare, perché è appunto dal cuore che si devono levare e uscire
le opere infiammate dal fuoco della carità. Gli olocausti sono così chiama-
ti da olon che significa tutto intero, e da kausis, che vuol dire incendio o
calore del fuoco. Ecco perché la parola olocausto sta a intendere, in qual-
che maniera, delle cose incendiate e interamente bruciate. Dobbiamo
dunque offrire dei sacrifici su questo altare con purezza, e dividere le vit-
time con giustizia. Sacrifichiamo bene, quando portiamo alla sua perfe-
zione il bene di cui abbiamo idea. Ma non dividiamo bene se non faccia-
mo il bene con discernimento. Spesso infatti accade che l’uomo pensi di
fare il bene, ma fa il male e, spesso, da una parte commette il bene e