Page 78 - Perché un Dio Uomo
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Anselmo – Nessun uomo, all’infuori di lui, morendo, diede a Dio una cosa che non
              dovesse un giorno necessariamente perdere, o pagò ciò che non doveva. Egli invece
              liberamente offrì al Padre ciò che nessuna necessità gli avrebbe mai fatto perdere, e
              pagò per i peccatori quello che non era obbligato a pagare per sé. Perciò diede un
              esempio molto più grande ed efficace nel far sì che nessuno dubiti di ridare a Dio
              per se stesso, quando la ragione lo domanda, ciò che un giorno sicuramente dovrà
              abbandonare. Egli infatti senza averne personalmente alcun bisogno e senza essere
              costretto a farlo per gli altri ai quali non doveva che il castigo, donò una vita così
              preziosa, anzi se stesso, cioè una persona si sublime e con tale volontà.

              Bosone – Ti avvicini molto al mio desiderio. Ma non impazientirti se ti chiedo una
              cosa, che ti può sembrare stupida, ma alla quale io non saprei rispondere se ne ve-
              nissi richiesto. Tu dici che morendo egli diede quello che non doveva. Nessuno però
              potrà negare che egli ha agito in modo migliore donando un simile esempio e che
              questo è più gradito a Dio che il non averlo fatto; e neppure dirà che egli non avreb-
              be dovuto fare ciò che era migliore e ciò che capiva essere più gradito a Dio. Come
              dunque affermeremo che egli non dovette dare a Dio ciò che fece e ciò che capì esse-
              re migliore e più gradito a Dio, soprattutto perché la creatura deve a Dio quanto es-
              sa è, sa, e può?

              Anselmo – Benché la creatura non abbia nulla da sé, tuttavia, quando Dio le concede
              di fare o di non fare lecitamente una cosa, le dà la possibilità di scegliere o l’una o
              l’altra. Per cui, sebbene una sia migliore dell’altra, la creatura non è obbligata in ma-
              niera determinata né all’una né all’altra; ma sia che compia quella migliore sia che
              compia l’altra, si deve dire che doveva fare ciò che fa. E se compie la cosa migliore
              essa ha un premio in quanto liberamente dà ciò che è suo.


              Per esempio, pur essendo la verginità migliore del matrimonio, nessuno dei due sta-
              ti è imposto all’uomo in modo determinato, ma diciamo che sia chi usa del matri-
              monio sia chi preferisce conservare la verginità fa quello che deve fare. Nessuno af-
              fermerà che non si deve scegliere la verginità o il matrimonio; ma che ciascuno deve
              fare ciò che preferisce prima di scegliere l’uno o l’altro stato, e se sceglie la verginità
              può attendere una ricompensa per il dono che liberamente offre a Dio.


              Pertanto quando affermi che la creatura deve a Dio ciò che conosce come migliore e
              lo può attuare, se intendi «a titolo di giustizia» e non sottintendi «se Dio lo coman-
              da» non sempre è vero. Perché, come ho detto, l’uomo non deve praticare la vergini-
              tà a titolo di debito, ma deve usare del matrimonio se lo preferisce.

              E se la parola «dovere» ti crea delle difficoltà e non la puoi separare dall’idea di de-
              bito, sappi che come alle volte le parole «potere», «non potere» e «necessità» vengo-
              no usate non perché siano nelle cose di cui si parla, ma in altre, così qui viene usata
              la parola «dovere». Così, quando si dice che i poveri devono ricevere l’elemosina dai
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