Page 33 - Perché un Dio Uomo
P. 33
completato con gli uomini il numero da lui previsto, anche gli uomini fossero tra-
sformati, per così dire, nell’immortale immortalità dei corpi.
Nel paradiso terrestre avevano una certa immortalità, cioè il potere di non morire;
ma tale potere non era immortale, perché poteva venire meno, e così non si trovava-
no nell’impossibilità di morire.
Ora se le cose stanno così, se cioè fin dall’inizio Dio si era proposto di condurre a
perfezione la razionale e beata città contemporaneamente alla natura sensibile e
corporea, sembra che o quella città non era completa nel numero degli angeli prima
della rovina dei cattivi, ma aspettava che Dio la completasse con gli uomini quando
avesse mutato in meglio la natura corporea del mondo; oppure, se era perfetta nel
numero non lo era nella stabilità, che doveva venire differita, anche se in essa nes-
suno avesse peccato, fino a quella rinnovazione del mondo che aspettiamo. Che se
poi la stabilizzazione non doveva essere ritardata di molto, bisognava accelerare il
rinnovamento del mondo, perché avvenisse assieme a quella.
Non v’è però alcun fondamento per affermare che Dio si fosse proposto di rinnova-
re subito il mondo appena creato e di distruggere all’inizio – prima che si potesse
vedere perché erano state fatte – quelle cose che più non ci saranno dopo questo
rinnovamento.
Segue dunque che gli angeli non furono creati in numero perfetto, cosicché la loro
confermazione non ammettesse lunghe dilazioni, perché altrimenti anche il mondo
appena fatto avrebbe dovuto essere subito rinnovato: e questo non conviene. Così
pure non sembra conveniente che Dio abbia voluto rinviare alla futura rinnovazione
del mondo la loro confermazione, soprattutto perché in alcuni la realizzò molto pre-
sto, e perché si può pensare che l’avrebbe realizzata nei primi uomini al momento
del peccato, se non avessero peccato; come del resto fece con gli angeli che perseve-
rarono.
Infatti i nostri progenitori non erano stati innalzati all’uguaglianza con gli angeli, ma
dovevano arrivarvi quando fosse stato perfetto il numero che essi stessi dovevano
fornire. Sembra tuttavia che se avessero vinto e se, nonostante la tentazione, non a-
vessero peccato, sarebbero stati confermati assieme a tutta la loro discendenza in
quella giustizia in cui si trovavano, e in modo tale che non avrebbero più potuto
peccare. Siccome invece furono vinti e peccarono, divennero così deboli che, per
quanto sta in loro, non possono essere senza peccato.
Chi oserebbe dire che l’ingiustizia nel rendere schiavo l’uomo accondiscendente alla
sua prima sollecitazione è più forte della giustizia nel confermare nella libertà
l’uomo se alla prima tentazione si fosse appoggiato a essa?