Page 25 - Perché un Dio Uomo
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Anselmo – Penso quindi non dirai che Dio deve tollerare quello che meno è tollerabi-
              le secondo giustizia, e cioè che la creatura non restituisca a Dio ciò che gli ha tolto.

              Bosone – Anzi vedo che bisogna negarlo assolutamente.

              Anselmo – Così pure, se nulla è più grande o migliore, di Dio, nulla è più giusto della
              suprema giustizia che salvaguarda il suo onore nell’ordine dell’universo: essa non è
              altro che Dio stesso.


              Bosone – Anche questo è evidente.

              Anselmo – Dunque Dio non salvaguarda nulla con più giustizia che l’onore della sua
              dignità.

              Bosone – Devo concederlo.

              Anselmo – Ti pare che lo custodisca completamente, se permette che gli venga tolto e
              se non esige che gli sia restituito e venga punito colui che glielo toglie?


              Bosone – Non oso dirlo.

              Anselmo – È dunque necessario che o sia restituito l’onore tolto, o venga inflitta la
              pena. Altrimenti o Dio sarebbe ingiusto con se stesso, oppure sarebbe incapace di
              entrambi le soluzioni: ma è una empietà solo il pensarlo.



              14. COME LA PUNIZIONE DEL PECCATORE ONORA DIO?

              Bosone – Capisco che non potevi dire nulla di più ragionevole. Ma vorrei udire da te
              se la punizione del peccatore torni a lui d’onore e a quale specie di onore apparten-
              ga. Se infatti la punizione del peccatore non fosse l’onore di Dio – in quanto il pecca-
              tore non rende ciò che deve ma è semplicemente punito – Dio perderebbe il suo o-
              nore senza poterlo riavere: ma ciò è in contraddizione con quanto è stato detto.


              Anselmo – È impossibile che Dio perda il suo onore. Infatti o il peccatore spontanea-
              mente dà quello che deve, o Dio se lo prende anche se quello non vuole. Infatti o
              l’uomo con spontanea volontà offre a Dio la dovuta sudditanza sia non peccando sia
              soddisfacendo al peccato, o Dio se lo sottomette anche contro sua voglia, castigan-
              dolo; così si manifesta come suo Signore, mentre l’uomo si rifiuta con la volontà di
              riconoscerlo tale.

              Ed è da notare che, come l’uomo peccando rapisce a Dio quello che è di Dio, così
              Dio  castigandolo  prende  ciò  che  è  dell’uomo.  Poiché  non  si  dice  che  è  proprio
              dell’uomo soltanto quello che egli già possiede, ma anche ciò che ha la possibilità di
              avere.  E  poiché  l’uomo  è  così  fatto  che  potrebbe  possedere  la  beatitudine  se  non
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