Page 36 - Metodo breve per fare Orazione
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da costantemente al suo Dio. Ma quando questa stessa affezione attira nel cuore
l’infusione della grazia, bisogna che questo stesso cuore, che si apriva come una bocca
per parlare, si apra tacendo per ricevere il cibo divino. Si deve quindi imparare a prepa-
rare il cuore; e quando questo cuore è pronto come dice il re profeta: «il mio cuore è
pronto» (Sal 107,2), e quando Dio, avendo ascoltato la preparazione di questo cuore, si
compiace di comunicare con lui tramite una carità infusa, bisogna sottomettersi tacendo
con un’umiltà piena di rispetto.
È a questo che si riconducono tutte le pratiche del libriccino.
Consigli relativi a particolari esperienze
9. Siccome, oltre alla pratica, ci sono molte esperienze che le persone che camminano
sulla via dello spirito possono fare, siamo stati obbligati a dare certi consigli, non come
indicazioni che tutti devono seguire ma soltanto le persone di questo stato. E queste (a
quanto mi è stato detto) sono quelle che hanno fatto più rimostranze.
10. In primo luogo, dove si è parlato della mortificazione (cap. X) si dice che ho voluto
distruggere le mortificazioni esteriori, mentre ho fatto vedere quanto il raccoglimento
interiore sia necessario alla mortificazione esteriore. Se esaminiamo il punto in cui vie-
ne detto: «Con questo non intendo dire che non bisogna mortificarsi. La mortificazione
deve sempre accompagnare l’orazione secondo la forza, l’ubbidienza e lo stato di cia-
scuno. Dico soltanto che non si deve fare della mortificazione l’esercizio principale, né
fissarsi su questa o quella austerità, ma seguire solo l’attrattiva interiore e occuparsi del-
la presenza di Dio senza pensare specificatamente alla mortificazione. Dio ne fa fare di
ogni tipo e non dà pace alle anime che sono fedeli nell’abbandonarsi a Lui prima di aver
mortificato in loro tutto quello che c’è da mortificare. Quindi bisogna soltanto rivolgersi
a Dio e tutto verrà fatto alla perfezione. Non tutti sono capaci delle austerità esteriori,
ma tutti sono capaci di questo. Ci sono due sensi nei quali non si può eccedere fino alla
mortificazione: la vista e l’udito. Perché sono questi che formano tutte le immagini. Dio
lo fa fare, basta seguire il suo spirito», è facile vedere, sulla base di quello che ho appe-
na riportato, che non si è mai preteso di distruggere la mortificazione esteriore, così ne-
cessaria perché diventi interiore, ma di fare capire che essa prende la sua maggior forza
dal raccoglimento interiore. Questo modo di fare le penitenze ne toglie il difetto, che è
la propria volontà e la sconsideratezza. Quando si fa notare la necessità di una pratica,
non è detto che ciò escluda le altre. È per questo che nella prefazione era stato dichiara-
to che, se non si parlava di tutte queste cose in particolare, non si intendeva negare a es-
se l’importanza dovuta, ma che, essendosi proposti un solo scopo, quello di istruire
sull’orazione e sulla pratica della presenza di Dio, non si erano citate molte delle mas-
sime che si rispettano e che gli altri libri insegnano.
In quel paragrafo viene anche indicata una pratica molto utile per la mortificazione este-
riore (cfr. anche cap. VII, § 2 e 3).
11. Quando si parla di stato passivo, non si intende mai uno stato simile a quello di una
cosa inanimata, di cui si fa ciò che si vuole senza che essa possa neppure contribuirvi
con la sua ubbidienza. Non è la stessa cosa per l’uomo. Infatti più le azioni che compie
sono conformi alla volontà divina, più sono nobili ed eminenti, poiché è proprio la vo-
lontà di Dio che dà prezzo e valore a un’azione. L’azione che ci fa sottomettere libera-
mente e volontariamente alla mozione divina e che fa sì che ci lasciamo condurre