Page 39 - Metodo breve per fare Orazione
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nione per noi (Gv 17,21), e ciò non ci pone nessuna difficoltà.
Quello che invece ha messo in difficoltà le persone che me ne hanno parlato è che io di-
co che l’unione essenziale, o immediata, può avvenire soltanto perdendo
l’appropriazione. Esse dicono di non conoscere altra appropriazione se non la concupi-
scenza. Traendone le conseguenze, queste persone sostengono che, poiché la concupi-
scenza è in noi fintanto che viviamo, è un errore dire di potersi liberare della concupi-
scenza in questa vita. Se l’unione essenziale o immediata presuppone la totale liberazio-
ne dalla concupiscenza, non è possibile in questa vita, poiché è un errore-dire che ci sia
uno stato che ha totalmente eliminato la concupiscenza.
17. Queste ragioni, che da un certo punto di vista sono molto giuste, convincono prima
le menti e fanno facilmente pensare che il sentimento contrario è sbagliato. Tuttavia non
c’è niente di sbagliato in ciò che è stato detto in proposito in questo libriccino, ma solo
sentimenti spiegati male. Tuttavia sottometto quello che dico qui.
Quello che ho sempre qualificato con il termine «appropriazione», è nello spirito. E
quello a cui ho dato il nome di concupiscenza è nella carne. L’appropriazione, secondo
me, è concupiscenza di spirito che, appropriandosi di ciò che è dovuto solo a Dio, cor-
rompe quello che c’è di migliore. Essa è presente in tutto quello che Dio fa. È la madre
dei peccati dello spirito, la fonte dei furti e delle maschere interiori, per cui l’uomo si
spoglia della conoscenza di ciò che è e si riveste delle rapine che ha fatto al suo Dio. Io
dico che questa appropriazione è completamente opposta all’unione con Dio, e che Dio
la distrugge prima di onorare l’anima con la sua unione.
In che modo la distrugge? Dando all’uomo una reale esperienza di ciò che è, spoglian-
dolo dalle sue usurpazioni. In questo sta la vera conoscenza di Dio e di se stessi, che
sant’Agostino chiedeva con tanta insistenza.
18. Questa conoscenza, che viene dalla profonda esperienza di ciò che siamo, è la cono-
scenza vera e certa di noi stessi. La conoscenza di Dio che deriva dall’abbandono delle
nostre usurpazioni è la conoscenza più perfetta che possiamo avere in questa vita, poi-
ché noi conosciamo Dio per mezzo della fede nel suo tutto, e ci conosciamo per mezzo
della stessa fede nel nostro nulla. Questa doppia conoscenza produce l’amore puro e di-
sinteressato, che volendo tutto per il tutto non pretende e non vuole nulla per il nulla, se
non il nulla stesso.
È la fonte dell’umiltà perfetta, della pazienza, della dolcezza e delle altre virtù, poiché
colui che non merita niente non pretende niente, e non crede che gli si facciano dei torti.
È proprio questa disappropriazione che rende l’anima semplice, sottomessa e rassegna-
ta, e che di conseguenza la dispone a essere unita alla suprema e semplice verità che non
è altro che Dio stesso, grazie alla pura carità.
19. La terza difficoltà è nel capitolo XXIV (4) dove si parla della purificazione dell’oro
e di un’impurità superficiale. Dio mi è testimone che non ho mai preteso di parlare di
altro che di certi difetti esteriori e puramente naturali che Dio lascia ai più grandi santi
per sottrarli al loro orgoglio e alla vista degli uomini che giudicano solo l’apparenza, per
preservarli dalla corruzione e «nasconderli nel segreto della sua faccia» (Sal 30,21). E
siccome quando lo scrissi non erano mai stati menzionati gli abusi di cui si è parlato poi,
e questo non mi era mai passato per la mente, non mi sarei mai immaginata che se ne
fossero potute trarre simili conclusioni. Questo è credibile, tanto più che si parla solo di
un’anima già purificata e provata dal fuoco della tentazione e della tribolazione.