Page 49 - Lo Splendore delle Nozze Spirituali
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altro  che  vizi  e  ripeta  con  umile  rassegnazione  le  parole  di  Giobbe:  «Il
                  Signore me l’ha dato, il Signore me l’ha tolto;com’è piaciuto al Signore,
                  così  è  avvenuto;  sia  benedetto  il  nome  del  Signore»  (Gb  1,21).  Si
                  abbandoni e si affidi a Lui in tutte le cose e ripeta con il cuore: «Signore
                  sono  pronto  a  sopportare  la  mancanza  delle  cose  di  cui  mi  sento
                  spogliato, fino a quando piace a Te e per quanto giova alla mia salvezza;
                  preferisco  esserne  privo,  piuttosto  che  averne  in  abbondanza.  Non  si
                  faccia,  Signore,  la  mia  volontà  istintiva,  ma  la  tua.  Sono  tutto  tuo  e,  se
                  potesse esserti di gloria, starei tanto volentieri nell’inferno, quanto nella
                  tua gloria. Opera in me, Signore, a piacere della tua santissima Maestà».
                  A questo modo ricava da tutta la sua afflizione, desolazione e sofferenza
                  una intima gioia e, mettendosi tutto nelle mani di Dio,  è felice di poter
                  soffrire  qualche  cosa  per  il  suo  onore.  Se  in  queste  circostanze  saprà
                  contenersi  rettamente  e  farà  cordialmente  quando  abbiamo  suggerito,
                  avrà  una  gioia  intima  mai  provata  prima.  Infatti  a  chi  ama  molto  Dio,
                  niente è più giocondo del sentirsi tutto del suo Diletto. E se egli è arrivato
                  attraverso  il  cammino  delle  virtù  fino  a  questo  grado,  anche  se  non  è
                  passato per i gradi precedenti, non fa niente; non è necessario, purché stia
                  ben saldo sul fondamento delle virtù, che è l’umile obbedienza e la dolce
                  rassegnazione;  in  queste  due  cose  si  fonda  con  incrollabile  sicurezza
                  questo grado.
                  Intorno a questo tempo dell’anno il sole entra nella Libbra e i giorni e le
                  notti sono fissati in uguali spazi e il sole pareggia la luce con le tenebre.
                  Così  anche  Cristo  nell’uomo  desolato  porta  la  distribuzione
                  proporzionata  della  Libbra.  Sia  infatti  ch’egli  abbondi  di  dolce  o  di
                  amaro, sia che infonda luce o seppellisca nelle tenebre, qualunque cosa gli
                  metta  sulle  spalle,  l’uomo  con  la  grazia  di  Cristo  ritrova  l’equilibrio.
                  Accetta  tutto  ugualmente,  eccetto  il  peccato,  che  dev’essere  totalmente
                  distrutto.
                  L’uomo  che  si  sente  spoglio  d’ogni  consolazione,  vuoto  d’ogni  virtù  e
                  abbandonato da Dio e dagli uomini, se sa raccogliere e mettere da parte,
                  questo è il tempo in cui il frumento, il vino e ogni specie di messi hanno
                  raggiunto la maturità. E questo vuol significare che tutto ciò che il corpo
                  può  patire,  comunque  si  presenti,  dev’essere  offerto  liberamente  a  Dio,
                  senza contraddire la sua volontà: e che tutte le virtù interne ed esterne,
                  che  venivano  esercitate  con  gioia,  quando  c’era  il  fuoco  dell’amore,
                  devono essere praticate, per quanto è possibile, e offerte a Dio con animo
                  generoso;  per  Dio  non  ci  sono  opere  più  grandi  né  più  meritevoli  di
                  queste. Bisogna essere disposti, se ciò desse onore a Dio, a rimanere privi

                  di ogni consolazione data da Dio stesso. questo è raccogliere frumento e
                  messi mature, che ci daranno  da vivere  eternamente e ci faranno  ricchi
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