Page 96 - La nube della non conoscenza
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come se fosse un balsamo, su quell’essere malato che è il tuo io. O per dirla in
                  altri  termini,  leva  in  alto  il  tuo  io,  malato  com’è,  e  con  il  desiderio  cerca  di
                  toccare Dio così com’è, buono e dispensatore di grazie. Chi arriva a toccarlo, ne
                  riceve  salute  eterna,  come  testimonia  la  donna  del  vangelo,  quando  dice:  «Si
                  tetigero  vel  fimbriam  vestimenti  eius,  salva  ero;  Se  solo  arriverò  a  toccare  il
                  lembo del suo mantello, sarò guarita». A maggior ragione tu sarai sanato dalla
                  tua malattia a questo meraviglioso contatto celeste con il suo stesso essere: bada
                  bene,  con  il  suo  stesso  io.  Allora,  avvicinati  a  lui  con  decisione  e  usa  quel
                  medicamento. Eleva il tuo essere, malato com’è, verso il buon Dio così com’è in
                  se stesso, senza fare particolari considerazioni o disquisizioni su nessuna delle
                  qualità  proprie  del  tuo  essere  o  di  quello  di  Dio:  che  si  tratti  di  purezza  o
                  miseria,  grazia  o  natura,  divinità  o  umanità,  poco  importa.  Per  il  momento
                  basta che tu offra con gioia e in trepidazione d’amore, questo sguardo cieco sul
                  tuo  essere,  nudo  com’è,  perché  sia  strettamente  unito  in  grazia  e  spirito
                  all’essere prezioso di Dio, cosa com’è in se stesso, né più né meno.
                  È vero, le tue facoltà sempre inquiete ed errabonde non troveranno alimento in
                  questa maniera d’agire; perciò si lamenteranno con te e insisteranno perché tu
                  tralasci questo lavoro e ti metta invece a fare qualcosa che possa soddisfare la
                  loro curiosità. A sentir loro, tu non stai facendo niente di valido: d’altra parte
                  non  riescono  a  capir  niente  del  tuo  lavoro.  Eppure  io  lo  amo  ancor  di  più,
                  perché questo è un segno che esso è manifestamente superiore alla loro attività.
                  Infatti,  perché  non  dovrei  preferirlo,  quando  non  c’è  nessun  altro  lavoro  che
                  possa  fare  io  o  che  possano  compiere  i  miei  sensi  esterni  e  interni  sotto  lo
                  stimolo  della  curiosità,  che  sia  in  grado  di condurmi  così  vicino  a  Dio  e  così
                  lontano dal mondo, come invece è capace di fare questa nuda coscienza di me
                  stesso e la semplice offerta del mio cieco essere?
                  Perciò, anche se le tue facoltà non trovano alcun alimento nel tuo modo di agire,
                  e  quindi  cercano  di  distoglierti  da  quel  che  vai  facendo,  bada  di  non
                  abbandonare il tuo lavoro per causa loro; al contrario, tienile sottomesse. E non
                  tornare ad alimentarle, anche se dovessero diventar furiose. Quando permetti
                  alle tue facoltà di divagare in sottili disquisizioni e approfondite ricerche sulle
                  qualità del tuo essere, è come se tu tornassi indietro a nutrirle. Tali riflessioni,
                  anche se sono del tutto buone e proficue, tuttavia, in confronto all’offerta della
                  cieca coscienza del tuo essere, non servono ad altro che a dissiparti e a distrarti
                  dall’unità perfetta che dovrebbe regnare tra Dio e la tua anima.
                  Pertanto  resta  aggrappato  al  punto  più  eccelso  del  tuo  spirito,  cioè  alla
                  coscienza del tuo stesso essere; e non tornare indietro per niente al mondo, per
                  quanto possa sembrare buono e santo l’oggetto a cui vorrebbero trascinarti le
                  tue facoltà.

                  3. [L’offerta del proprio essere, compiuta in purezza di spirito, chiede il silenzio delle
                  nostre facoltà discorsive].

                  Segui il consiglio e l’insegnamento che Salomone diede a suo figlio:  «Honora
                  Dominum de tua substantia, et de primitiis frugum tuarum da pauperibus; et
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