Page 95 - La nube della non conoscenza
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esercizio, attraverso il quale anche il più ignorante degli uomini può unirsi a
                  Dio  in  carità  perfetta,  per  mezzo  di  un’umiltà  piena  d’amore.  Essi  invece,
                  immersi  nella  cecità  più  completa,  non  ci  capiscono  un  bel  niente,  come  un
                  bambino fermo all’ABC non può afferrare la dotta esposizione di un docente
                  universitario. E sempre perché sono ciechi, considerano a torto come dottrina
                  squisitamente  sottile,  quest’insegnamento  così  semplice;  che  se  uno  lo
                  guardasse da vicino, si accorgerebbe che è solo una facile lezione tenuta da un
                  ignorante. Non è forse stupido e beota chi non ha coscienza del proprio essere,
                  chi  non  è  capace,  cioè,  di  pensare  e  sentire  non  tanto  quel  che  è,  ma  il  fatto
                  stesso di essere? Infatti è manifestamente naturale per la mucca più ignorante o
                  per  la  bestia  più  irragionevole  (se  mai  fosse  possibile,  ma  non  lo  è,  far
                  distinzioni tra gli animali in base al loro grado di intelligenza) avere coscienza
                  del proprio essere. Tanto più deve essere naturale per l’uomo, che è dotato di
                  ragione  in  maniera  eminente  e  al  di  sopra  degli  altri  animali,  avere  la
                  consapevolezza e la coscienza del proprio essere.
                  Perciò scendi nel punto più basso della tua intelligenza (alcuni lo ritengono, per
                  esperienza fatta, il punto più eccelso) e  considera nella maniera più  semplice
                  (secondo certi, la più saggia) non ciò che sei, ma solo il fatto che tu sei. Pensare
                  a quello che sei, con tutte le caratteristiche proprie della tua natura, presuppone
                  da parte tua una dose non indifferente di acume e di cultura, e richiede ricerche
                  approfondite sulle tue facoltà.
                  Questo lavoro l’hai già  fatto parecchie  volte con l’aiuto della grazia, cosicché
                  ora  sai,  anche  se  solo  parzialmente  e  per  quel  tanto  che  a  mio  parere  ti  può
                  servire  per  il  momento,  quello  che  sei:  un  essere  umano,  per  natura,  e  un
                  miserabile, ripugnante e puzzolente, per il peccato. Come sai bene tutto questo!
                  E forse troppe volte ti metti a pensare a tutte le sozzure che accompagnano la
                  tua miseria. Vergogna! Lasciale stare, te ne prego. Non rivoltarle più, per non
                  doverne  sentire  il  fetore.  Al  contrario,  per  pensare  al  fatto  che  tu  sei,  non  ci
                  vuole  grande  scienza  o  spiccata  intelligenza:  basta  la  tua  ignoranza  e  la  tua
                  semplicità.

                  2. [È necessario raggiungere il punto più eccelso dello spirito e offrire il proprio essere a
                  Dio, che ci guarisce dalle piaghe del male].

                  Quindi ti prego di non far altro in questo frangente, se non pensare al semplice
                  fatto che tu sei così come sei: non importa quanto tu sia immondo o miserabile.
                  Naturalmente, do per scontato che tu abbia già fatto debita ammenda di tutti i
                  tuoi peccati, in particolare e in generale, secondo le giuste regole stabilite dalla
                  santa chiesa. Altrimenti, né tu né nessun altro potete pretendere di avere il mio
                  consenso nell’affrontare con tanta impudenza un simile lavoro. Ma se tu senti in
                  coscienza di aver fatto tutto il possibile, allora puoi pure intraprendere questo
                  lavoro. E anche se ti senti ancora così vile e miserabile da considerare il tuo io
                  come un peso, e da non sapere nemmeno tu che cosa fare di te stesso, allora
                  segui le mie indicazioni..
                  Prendi il buon Dio così com’è nella sua grande misericordia, e ponilo, proprio
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