Page 57 - La nube della non conoscenza
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muove a farlo. Ma io dico che l’opera del nostro spirito non è diretta né in alto
né in basso, né da una parte né dall’altra, né avanti né indietro, come è invece il
caso di una cosa materiale. Il nostro lavoro, infatti, deve essere spirituale, e non
materiale, né lo si può compiere in maniera fisica.
CAPITOLO 58
Non bisogna prendere come esempio s. Martino e s. Stefano,
per tendere fisicamente in alto la propria immaginazione durante la preghiera
In riferimento a quanto le suddette persone affermano di s. Martino e di s.
Stefano, bisogna ricordare che, sebbene questi santi videro Dio con i loro occhi
corporei, si trattò chiaramente di un miracolo per dimostrare una verità
spirituale. Si sa benissimo che il mantello di s. Martino non ricopri mai il corpo
di Cristo in maniera reale, poiché egli non aveva assolutamente bisogno di
ripararsi dal freddo, ma solo in maniera miracolosa e simbolica. Ciò costituisce
un esempio per tutti coloro che devono essere salvati e appartengono
spiritualmente al corpo di Cristo. Chiunque veste un povero per amor di Dio o
fa del bene corporale e spirituale a una persona bisognosa, costui può star certo
che lo fa spiritualmente a Cristo stesso: e per tutto questo sarà ricompensato in
modo cosa tangibile come se l’avesse fatto a Cristo in persona.
Lo dice egli stesso nel vangelo. Ma pensò che non era ancora abbastanza, e cosa
in seguito lo confermò con un miracolo: è per questo motivo che si mostrò a s.
Martino in una speciale rivelazione. Tutte le rivelazioni in forma corporea che
gli uomini abbiano mai avuto qui su questa terra, possiedono un significato
spirituale. E credo che se coloro che le hanno avute, fossero stati abbastanza
spirituali o avessero potuto comprendere il loro significato in maniera
spirituale, quelle rivelazioni non avrebbero mai preso una forma corporea.
Togliamo perciò la dura scorza e nutriamoci della dolce mandorla.
Ma come? Non imitando questi eretici, i quali possono essere ben paragonati a
quei pazzi che, dopo aver bevuto in una coppa splendida, hanno l’abitudine di
gettarla contro il muro in modo da mandarla in frantumi.
No, non è così che noi dobbiamo comportarci, se vogliamo far bene. Noi non
saremo così sazi del frutto da dover disprezzare l’albero, né cosi ebbri da
mandar in frantumi le coppe in cui abbiamo bevuto.
L’albero e la coppa, cosi io chiamo i miracoli che possiamo costatare e tutti gli
atteggiamenti esterni che non contrastano, anzi che ben si accordano all’opera
dello spirito. Il frutto e il vino, cosi io chiamo il significato spirituale di quei
miracoli visibili e degli atteggiamenti esterni appropriati, come l’elevare gli
occhi e le mani al cielo. Se questi son compiuti seguendo l’impulso dello spirito,
allora sono buoni; altrimenti sono soltanto ipocrisia, e quindi falsi. E se tali
atteggiamenti sono veri e contengono il loro frutto spirituale, perché
disprezzarli? Gli uomini, infatti, baciano la coppa se dentro c’è il vino.
E che importanza ha se nostro Signore, quando ascese al cielo con il corpo, fu
visto dagli occhi corporei di sua madre e dei suoi discepoli salire verso l’alto tra
le nubi? Forse che nel nostro lavoro spirituale dobbiamo allora guardare