Page 40 - La nube della non conoscenza
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tuo obiettivo: al lavoro della contemplazione non si giunge attraverso lo studio,
ma solamente per grazia. Perciò non prendere altre parole per la tua preghiera,
malgrado io te ne abbia indicate due, se non quelle che Dio ti induce a usare.
Ma se Dio ti induce a usare quelle che ti ho proposto, ti consiglio di non
lasciarle perdere, sempre che tu faccia uso di parole nella tua preghiera. La loro
efficacia consiste nell’essere parole molto corte.
Quantunque abbia raccomandato soprattutto la brevità della preghiera, non ne
va assolutamente rallentata la frequenza, poiché, come ho già detto, si prega
nella lunghezza dello spirito. Di conseguenza, una tale preghiera non dovrebbe
mai interrompersi, se non quando abbia ottenuto pienamente quello a cui
mirava. Un esempio a questo proposito lo ritroviamo nella persona in preda al
terrore descritta poc’anzi. Essa non la smette di gridare questa breve parola:
«Fuoco!» o «Aiuto», finché non abbia ottenuto il soccorso necessario nella sua
disgrazia.
CAPITOLO 40
Nella contemplazione l’anima non presta particolare attenzione
a nessun tipo di vizio o di virtù
E tu, fa’ lo stesso: riempi il tuo spirito del significato profondo della semplice
parola «peccato», senza analizzare di quale peccato si tratta, se veniale o
mortale, di orgoglio, d’ira o d’invidia, di cupidigia, di accidia, di gola o di
lussuria. Che importa al contemplativo il tipo e la gravità del peccato? Quando
è impegnato nel lavoro contemplativo, tutti i peccati li considera ugualmente
gravi in se stessi, dal momento che il più piccolo di essi lo separa da Dio e gli
toglie la pace interiore.
Cerca di sentire il peccato nella sua totalità, come un blocco massiccio, di cui sai
solo che è il tuo stesso io.
E allora emetti a più non posso nel tuo spirito quest’unico grido: «Peccato!
Peccato! Peccato! Aiuto! Aiuto! Aiuto!». Questo grido spirituale lo si impara
meglio da Dio per esperienza che non dalla bocca di un uomo. È meglio quando
scaturisce esclusivamente dallo spirito, senza nemmeno essere pensato o
espresso a parole. In rarissimi momenti può capitare, tuttavia, che l’anima e il
corpo siano così oppressi dal dolore e dal peso del peccato, che lo spirito
sopraffatto non può fare a meno di prorompere in parole.
Allo stesso modo devi comportarti con la breve parola «Dio». Riempi il tuo
spirito del suo significato profondo, senza fare nessuna considerazione
particolare su una qualsiasi delle opere di Dio: per esempio, se siano buone,
migliori o ottime, se siano materiali o spirituali. E non devi cercare di far
distinzione tra le varie virtù che possono essere suscitate nell’anima umana
dalla grazia: umiltà o carità, pazienza o astinenza, speranza, fede o temperanza,
castità o povertà volontaria. Che importa questo al contemplativo, dal momento
che tutte le virtù le trova e le sperimenta in Dio? È Dio infatti che ha dato vita a
tutte le cose e tutte sussistono in lui. Il contemplativo sa che se ha Dio, possiede
ogni bene: per questo non brama nessun bene in particolare, ma l’unico vero