Page 44 - La nube della non conoscenza
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coscienza sono come occupate e riempite dalla massa orribile e puzzolente del
proprio io, che egli deve sempre odiare, disprezzare e rinnegare, se vuol essere
un perfetto discepolo di Dio, secondo l’insegnamento del Signore stesso sul
monte della perfezione. Ne segue che l’uomo diventa quasi pazzo dal dolore, al
punto che si mette a piangere e a gemere, lotta accanitamente con se stesso,
maledice e stramaledice. Insomma, gli sembra di portare un fardello tanto
pesante che non si dà più pensiero per quel che gli può succedere, almeno
finché Dio vuole così. E pur in mezzo a tanto dolore, non desidera por fine alla
sua esistenza: sarebbe soltanto pazzia diabolica e disprezzo per Dio. Al
contrario, è ben contento di vivere, e ringrazia Dio di tutto cuore per il prezioso
dono dell’esistenza, anche se continua a sospirare di essere liberato dalla
coscienza della propria esistenza.
In un modo o in un altro, ogni anima deve provare questo dolore e sentire
dentro di sé quest’ardente desiderio. Dio stesso si degna di insegnarlo ai suoi
discepoli spirituali, secondo la sua volontà d’amore; deve trovare però
corrispondenza nella loro disposizione d’animo e di corpo, tenendo conto del
grado a cui son giunti e anche del loro carattere. Solo a questo punto, e se Dio lo
permette, essi potranno essere uniti a lui in carità perfetta, per quel che è
possibile in questa vita.
CAPITOLO 45
Si chiariscono alcuni errori e illusioni che possono capitare in questo lavoro
Ma attento a quanto ti dico: è molto facile per un giovane discepolo, non ancora
pratico ed esperto in materia spirituale, prendere degli abbagli in questo lavoro.
Che se non si accorge subito della sua situazione e se non ha la grazia di piantar
li quel che sta facendo e di ubbidire umilmente al suo direttore, rischia
facilmente di estenuarsi nel fisico e di danneggiare le proprie facoltà spirituali.
E tutto questo a causa dell’orgoglio, delle passioni carnali e dell’avidità di
sapere.
Ecco come ci si può illudere. Un giovane o una giovane da poco iniziati alla
scuola della devozione, sentono leggere o parlare di questo dolore e di questo
desiderio, e vengono cosi a sapere che l’uomo deve elevare il cuore a Dio e
desiderare incessantemente di sentire l’amore del suo Dio. E subito, nella loro
mente avida di sapere, essi intendono queste parole non in senso spirituale,
com’è bene che sia, ma in senso letterale e materiale: così mettono sotto sforzo il
loro cuore di carne e lo strapazzano dentro al petto.
Privi della grazia — e se lo meritano ampiamente —, orgogliosi e avidi di
sapere, tendono le loro vene e le loro forze fisiche in maniera così rude e
violenta, che in breve tempo son presi da stanchezza e un certo qual torpore si
insinua nel loro corpo e nel loro spirito. Ed ecco che si allontanano dalla vita
interiore, per ricercare all’esterno qualche vana e falsa consolazione materiale,
quasi a voler soddisfare il corpo e lo spirito. Oppure, se non avvertono quel
torpore, sentono in petto un bruciore del tutto innaturale, causato dall’abuso
del loro corpo o dalla loro falsa spiritualità. E ben meritano