Page 47 - La nube della non conoscenza
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l’impulso. pressante del tuo desiderio. Nello stesso tempo, però, non ti dico di
nasconderlo completamente: sarebbe roba da pazzi darti un consiglio di questo
genere, perché è assolutamente impossibile metterlo in pratica. Ma quel che ti
raccomando è di mettercela tutta per nascondere il tuo desiderio. Perché mai ti
dico questo? Perché vorrei che tu lo cacciassi nelle profondità del tuo spirito,
ben lontano da ogni possibilità di contaminazione con la materia, che lo
renderebbe meno spirituale, e quindi sempre più distante da Dio. E inoltre so
bene che più la tua anima diventa spirituale, meno subisce l’influsso delle realtà
materiali e quindi si avvicina sempre più a Dio, diviene più piacevole e più
chiara ai suoi occhi. Però non è Dio, eternamente immutabile, a vedere qualcosa
in modo più chiaro in un certo momento piuttosto che in un altro; ma è la tua
anima che si fa più simile a lui, quando vive in purezza di spirito, dal momento
che egli stesso è spirito.
E c’è un altro motivo per cui ti dico di fare il possibile perché egli non sappia
qual è il tuo desiderio. Io, tu e noi tutti, siamo così pronti a intendere in termini
materiali anche quel che viene detto in senso spirituale, che se ti avessi
comandato di manifestare a Dio il desiderio intenso del tuo cuore, forse l’avresti
espresso in maniera fisica, a gesti, o a voce, o a parole, o in qualche altra rozza
manifestazione corporea, allo stesso modo, cioè, con cui riveli a un amico una
cosa celata nel cuore; a questo punto il tuo lavoro non sarebbe stato più puro. In
effetti, c’è un modo con cui si manifestano le cose agli uomini, e ce n’è un altro
con cui si manifestano a Dio.
CAPITOLO 48
Dio lo si serve con l’anima e con il corpo, e la sua ricompensa giunge sia all’uno
che all’altra; come si fa a sapere se tutte le armonie e soavità che il corpo avverte
durante la preghiera sono buone o cattive
Non dico questo perché voglio che tu smetta di pregare oralmente
ogniqualvolta ti senti portato a farlo, e nemmeno per impedire che, nella
traboccante devozione dei tuo spirito, tu ti metta improvvisamente a parlare a
Dio come a un uomo, dicendogli qualche buona parolina che senti di dovergli
rivolgere, quale: «Buon Gesù! Bel Gesù! Dolce Gesù!» o qualche altra di questo
genere. No! Dio non voglia che tu abbia a fraintendere il mio pensiero! In verità,
non intendo dire questo. Dio non voglia che io separi quello che lui ha unito: il
corpo e l’anima. Dio vuol essere servito con l’anima e con il corpo, tutt’e due
insieme, ed è giusto che sia così, e vuol dare all’uomo la ricompensa celeste sia
nel corpo che nell’anima. E come pegno di questa ricompensa, di quando in
quando infiamma il corpo di un suo devoto servitore qui su questa terra — non
una volta o due, ma probabilmente molto spesso, e quando a lui piace —,
riempiendolo di meravigliose dolcezze e consolazioni.
Di queste, alcune non entrano nel corpo dall’esterno, attraverso le finestre dei
nostri sensi, bensì dall’interno: sorgono e scaturiscono dalla sovrabbondanza di
felicità spirituale e da una vera devozione nello spirito. Queste dolcezze e
consolazioni non devono essere guardate con sospetto; insomma, chi le sente