Page 43 - La nube della non conoscenza
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Perciò spazza via qualsiasi conoscenza e coscienza di ogni genere di creature,
ma in particolar modo di te stesso. Dalla conoscenza e coscienza di te stesso
dipende quella di ogni altra creatura. Al suo confronto ogni altra creatura la si
dimentica facilmente. Infatti, se vorrai metterti alla prova per verificare questa
mia affermazione, troverai che quand’anche tu avessi dimenticato tutte le altre
creature e le loro opere (anche le tue personali), rimarrà pur sempre tra te e Dio
la coscienza pura e semplice del tuo essere. E anche questa coscienza deve
andar distrutta, prima di poter veramente sperimentare la perfezione del lavoro
contemplativo.
CAPITOLO 44
Quale deve essere l’atteggiamento dell’anima
nel distruggere ogni conoscenza e coscienza del proprio essere
Ma ora vuoi sapere come distruggere questa coscienza pura e semplice del tuo
essere. E forse vai pensando che se tu riuscissi a distruggerla, cadrebbero anche
tutti gli altri ostacoli: se questo è il tuo ragionamento non ti sbagli di certo.
Voglio comunque dirti che senza una grazia tutta particolare, liberamente
elargita da Dio, e senza una totale disponibilità e capacità da parte tua a
ricevere questa grazia, tale coscienza pura e semplice del tuo essere non la puoi
distruggere in alcun modo. E questa disposizione d’animo non è altro che un
sincero e profondo dolore spirituale. Ma in questo dolore è bene che tu abbia
molta discrezione. Devi star attento, quando lo avverti, a non tendere troppo
violentemente il tuo corpo o il tuo spirito. Piuttosto, mettiti a sedere
completamente tranquillo, quasi tu volessi dormire, tutto preso e immerso nel
tuo dolore. Questo, infatti, è il vero dolore; questo il dolore perfetto. E beato
colui che riesce a provare un simile dolore.
Tutti gli uomini hanno di che affliggersi, ma nessuno più di chi ha conoscenza e
coscienza del fatto di esistere. Ogni altro dolore, rispetto a questo, è come uno
scherzo in rapporto a una cosa seria. Infatti prova un vero dolore chi ha
conoscenza e coscienza non tanto della propria fragilità, quanto piuttosto della
propria esistenza. Chi non ha mai provato un simile dolore, può ben
rammaricarsi: non sa ancora cosa sia il dolore perfetto.
Questo dolore, quando lo si ha, purifica l’anima non solo dal peccato, ma anche
dalla pena che essa ha meritato con il peccato. Inoltre, rende l’anima capace di
ricevere quella gioia che libera l’uomo da ogni conoscenza e coscienza del
proprio essere.
Questo dolore, quando è genuino, è ripieno di un desiderio ardente e santo:
altrimenti nessuno su questa terra riuscirebbe a resistere o a sopportarlo. Intatti,
se non fosse perché riceve un certo qual conforto dal bene che opera, l’anima
non sarebbe capace di sopportare la pena derivante dalla coscienza della
propria esistenza.
Tante volte l’uomo, nella purezza del suo spirito, vuol avere una vera
conoscenza e coscienza di Dio, per quel che è possibile quaggiù, e poi sente di
non potercela fare, perché si accorge sempre più che la sua conoscenza e la sua