Page 28 - La nube della non conoscenza
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si è assicurati il necessario per il proprio sostentamento. Essi dicono: «Aiutati
che Dio ti aiuta». In realtà sparlino di Dio, e lo sanno bene. Infatti, chiunque tu
sia ad aver abbandonato con tutta sincerità il mondo per volgerti a Dio, sta’ pur
certo che egli ti manderà, indipendentemente dai tuoi sforzi personali, l’una o
l’altra di queste due cose: una gran quantità di beni o la forza fisica e la
pazienza spirituale per sopportare.
Che importa quale delle due si ottiene? Per il vero contemplativo non c’è alcuna
differenza.
Per chi ha dei dubbi a questo proposito, si dovrà dire che ha in cuore il diavolo
che gli impedisce di credere, oppure non si è ancora convertito cosa
sinceramente come dovrebbe, per quanto possano essere ingegnose e pie le
scuse da lui addotte. Perciò, tu che ti proponi di diventare un contemplativo al
pari di Maria, accetta di buon grado di essere umiliato dall’incomparabile
grandezza e perfezione di Dio (questa è l’umiltà perfetta), piuttosto che dalla
tua miseria personale (questa è l’umiltà imperfetta). In altre parole, fissa in
maniera speciale la tua attenzione più sull’eminenza di Dio che sulla tua
pochezza. A quelli che possiedono l’umiltà perfetta non manca assolutamente
niente, né di materiale né di spirituale. Essi, infatti, hanno Dio, in cui sta tutta la
pienezza, e chi possiede lui, come questo libro va continuamente dicendo, non
ha bisogno di nient’altro in questa vita.
CAPITOLO 24
Che cos’è la carità, e come è veramente e perfettamente
contenuta nella contemplazione
Abbiamo parlato dell’umiltà, di come essa è tutta racchiusa, in maniera vera e
perfetta, in quello slancio d’amore così piccolo e cieco che va a colpire l’oscura
nube della non-conoscenza, dopo aver soppresso e rigettato, nell’oblio ogni
altra cosa. Questo vale, tuttavia, per tutte le virtù, e in particolare per la carità.
La carità, infatti, consiste unicamente (e tu non dovresti intenderla in altro
modo) nell’amare Dio in se stesso, al di sopra di ogni creatura, e nell’amare il
prossimo come se stessi, per amore di Dio.
Ora, che nella contemplazione si debba amare Dio in se stesso, al di sopra di
ogni creatura, mi sembra abbastanza evidente: come ho già detto prima, in
sostanza questo lavoro non è nient’altro che un puro anelito diretto a Dio in se
stesso, e a lui solo. Sì, l’ho chiamato puro anelito, perché in quest’opera chi sta
diventando vero contemplativo non pretende né una riduzione della pena, né
un aumento della ricompensa, ma per dirla in breve, non chiede altro che Dio.
Cosicché non gli importa più niente se è afflitto o contento: la sua unica
preoccupazione è che sia fatta la volontà di colui che egli ama. Ecco come in
questo lavoro si arriva ad amare Dio in se stesso, al di sopra di ogni creatura e
in maniera perfetta. Chi compie alla perfezione il lavoro, non permetterà mai
che il semplice ricordo di una creatura, fosse anche la più santa che Dio abbia
mai creato, venga ad occupare la sua attenzione.
Nella contemplazione si realizza in maniera perfetta anche il secondo aspetto